La letteratura negli ultimi dieci anni ha fatto posto a dei sottogeneri di cui abbiamo spesso sentito parlare, come nel caso degli young adult e new adult. A voler essere precisi, non esiste una definizione per questi sottogeneri, si tratta per sommi capi di libri che per i loro contenuti (amore, magia, formazione, avventura) sono adatti agli adolescenti ma piacciono (e tanto) anche agli adulti. Tra i titoli conclamati tutti i Tolkien, gli Harry Potter, gli Hunger Games.
Per Cercando Alaska (edito lo scorso marzo da Rizzoli in una nuova edizione per celebrare i dieci anni del romanzo e tradotto in italiano da Lia Celi) di John Green sono un po' indecisa se lasciarmi andare a tale classificazione che potrebbe costarmi un linciaggio sul web da parte dei fan. Impossibile non aver sentito parlare di Green, è il papà-creatore dei due giovani protagonisti di Colpa delle stelle che anche il cinema ci ha propinato in salsa agrodolce, con un pizzico di patetico. Anche Cercando Alaska nasce come prodotto per adolescenti, per poi estendersi ad una cerchia di lettori ben più ampia, e viene sicuramente da chiedersi il perché. I protagonisti sono tutti adolescenti, gli adulti fanno da sfondo a delle vicende dove pur esercitando la propria patria potestà restano nell'ombra.
Miles, un adolescente timido e con la passione per le ultime frasi pronunciate dai personaggi famosi, ci racconta il suo anno in una scuola dell'Alabama. Finito a dividere la camera con Chip - Il Colonnello, Miles - Ciccio stringe amicizia con lui, Takumi e Alaska. Alaska è una ragazzina forte e spocchiosa, un po' bulla ma che nasconde dietro una sensibilità e una fragilità che Miles riesce ad intravedere facendolo capitolare ai suoi piedi. Le avventure tra sigarette fumate di nascosto tra i fumi delle docce, alcool a buon mercato e scherzi tra gruppi rivali si susseguono con una routine lenta fino a quando avviene la tragedia: è la "ricerca" di Alaska del titolo che prende corpo, dopo esserci stata fatta intuire fin dall'inizio, e salta fuori solo a tre quarti del libro.
Il romanzo è ben scritto, non si può definire brutto. Tuttavia ho trovato un po' pesante la narrazione, non tanto per la tematica che diventa poi tragica quanto per la caratterizzazione dei personaggi: gli adolescenti dei libri per adolescenti sono troppo intelligenti, troppo pensierosi, ipertesi, riflettono troppo e si fanno delle pippe mentali di dimensioni stratosferiche. Se io fossi un quattordicenne italiano e leggessi questo libro mi sembrerebbe lontano anni luce dalla mia vita e dal mio modo di pensare. Qualche breve accenno al sesso imbranato, all'interesse fisico - il volume è abbastanza pudico, in questo senso - può portare ad un piano "umano" e facilmente condivisibile, ma bere e fumare nei dormitori per poi fare dei discorsi metafisici da uomini e donne vissute stona un po'.
Probabilmente la risposta al quesito di prima sta proprio in questo: i lettori adolescenti si annoiano a leggere queste cose mentre gli adulti affetti dalla sindrome di Peter Pan le trovano rivelatrici. Insomma non regalerei Cercando Alaska ad un cuginetto ma a qualche mia amica più avvezza alle riflessioni escatologiche. Io a quattordici anni avrei storto un po' il naso, a trenta l'ho fatto un po' meno. Oh, e se fossi una young adult?