Il padre di Matteo Renzi indagato a Genova
Genova - Tiziano Renzi, padre del presidente del Consiglio Matteo, è indagato per bancarotta fraudolenta dalla procura di Genova. Un’indagine avviata da tempo e collegata al fallimento di una società di distribuzione di giornali. Nei giorni scorsi ha ricevuto un avviso di prosecuzione delle indagini e dunque l’iscrizione nel registro degli indagati risale verosimilmente a diversi mesi fa. Le altre due persone indagate sono due ex amministratori, Antonello Gabelli e Gian Franco Massone. La società è fallita nel 2013, quando il padre di Renzi l’aveva già ceduta a un imprenditore genovese. La stessa società risulta essere stata intestata proprio a Matteo Renzi e alle sue sorelle tra il 1999 e il 2004. Risultano anche contributi figurativi versati all’attuale presidente del consiglio.I genitori di Matteo Renzi
Le indagini sono partite dopo il fallimento, dichiarato un anno fa, della società Chil che si occupa di distribuzione di giornali. Aveva lavorato con Il Secolo XIX e anche con il Giornale della Toscana, inserto del “Giornale” di Milano edito da Denis Verdini. Dal 1999 al 2004 era stata intestata a Matteo e alla sorella, poi subentra il genitore. Nel 2006 Renzi senior vende il suo 50 per cento alle figlie Matilde e Benedetta. Chil era arrivata a fatturare 7 milioni di euro nel 2007. Poi cambia nome in Chil Post Srl e nell’ottobre del 2010 cede il suo ramo d’azienda a un’altra società creata dalla famiglia: la Eventi 6 Srl. La vecchia Chil, ormai svuotata, finisce a un imprenditore genovese e fallisce. Mentre la Eventi 6 decolla dai 2,7 milioni di fatturato del 2009 ai 4 milioni di euro del 2011. Dopo il suo collocamento in aspettativa, il dirigente Matteo Renzi segue il destino del ramo d’azienda. Il premier zittisce i suoi: nessuno parli di “giustizia a orologeria”Matteo Renzi non vuole nemmeno pensare che le notizie su suo padre siano una “vendetta” della magistratura, come risultato del braccio di ferro con i giudici. La giustizia farà il suo corso e in ogni caso c’è la massima serenità che l’inchiesta si risolverà in un nulla di fatto, è la linea del premier. Dal giorno dell’inchiesta a carico dei candidati alle primarie del Pd, Matteo Richetti e Stefano Bonaccini, tra i fedelissimi del premier gira l’impressione che ci sia qualcuno che voglia dar fastidio al Pd e al premier. Una mossa che bilancia, in qualche misura, le dichiarazioni nette degli scorsi giorni: «Sono i cittadini e non i magistrati a scegliere i candidati», aveva detto circa le primarie, e sull’inchiesta Eni aveva criticato «gli avvisi di garanzia citofonati ai giornali». Al punto di trovare una sintonia politica con i berlusconiani. Anm di Milano durissima con Renzi: «Decreto senza senso»
In un lungo comunicato stampa i magistrati milanesi dell’Anm criticano il decreto legislativo del Governo Renzi «di cui, oltre al merito, stupisce il metodo, in quanto adottato con decretazione d’urgenza senza alcun confronto con le indicazioni che potevano provenire dagli operatori della giustizia», criticando «una indifferenza (per non dire dileggio) delle posizioni e della funzione della magistratura, di cui si svilisce il ruolo attraverso la diffusione di dati inesatti (sospensione feriale dei termini = ferie dei magistrati) e incongruenti (i tempi medi di definizione dei processi civili in Italia ed all’estero) nonchè di prospettive falsate (meno ferie ai magistrati = giustizia più veloce)». Per le toghe milanesi, quindi, «emerge con evidenza la necessità di tutelare non solo l’immagine e la dignità della magistratura» ma «di porre un freno a quel meccanismo perverso che ha condotto a scaricare sui magistrati e sul personale amministrativo i limiti di un sistema che finora non si è voluto riformare e dotare delle necessarie risorse». Da qui alcune «proposte concrete idonee ad accelerare i tempi della giustizia» tra cui «l’estensione (con adeguate modifiche) del rito del lavoro a tutte le controversie civili, con eliminazione del rito a citazione diretta, e con individuazione di termini a comparire non superiori a trenta giorni. E infine la provocazione, «l’eliminazione totale della sospensione feriale di cui all’articolo 1 della legge 742/1969». Tiziano Renzi: «Non sono preoccupato»
«Sono un indagato, non posso parlare». Così Tiziano Renzi, padre del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, risponde al telefono riguardo l’inchiesta. È preoccupato? «No - ha risposto dopo una breve risata - anzi, sono molto preoccupato. Così preoccupato che non ho ancora nominato un avvocato». «Alla veneranda età di 63 anni e dopo 45 anni di attività professionale ricevo per la prima volta nella mia vita un avviso di garanzia. I fatti si riferiscono al fallimento nel novembre 2013 di una azienda che io ho venduto nell’ottobre 2010. Sono certo che le indagini faranno chiarezza ed esprimo il mio rispetto non formale per la magistratura inquirente ma nel dubbio, per evitare facili strumentalizzazioni, ho rassegnato le dimissioni da segretario del circolo del Pd di Rignano sull’Arno», ha affermato Tiziano Renzi in una nota. La procura: possibili nuovi indagati Potrebbero esserci nuovi indagati nell’inchiesta sulla bancarotta fraudolenta della Chil Post, la società di distribuzione giornali con sede a Genova, e che vede indagati Tiziano Renzi, padre del premier Matteo, e altre due persone. «Le indagini - ha detto il procuratore capo di Genova, Michele di Lecce - sono ancora in corso. Tant’è vero che è stata chiesta una proroga. Non è escluso che in futuro ci possano essere altri indagati».
Matteo "non lo vuole nemmeno pensare" ma tutti sappiamo che i magistrati sono tutt'altro che santi. Inoltre la summa delle Leggi in questo Paese consente a costoro un'alta discrezionalità. I tempi, se occuparsi di un caso o meno, poi, li stabiliscono loro, come e quando gli pare. Da quello che si legge la Società è fallita dopo che il padre di Matteo l'aveva ceduta. Indagassero. Ci sono i bilanci da verificare, dunque... Per quel che riguarda la mia piccola esperienza di vita debbo dire che mi sono sempre chiesta come mai in questo Paese falliscono tante Società, chiudendo, per poi riaprire con altra ragione sociale bellamente e senza problemi. Mi chiedevo e mi chiedo, probabilmente per totale ignoranza della materia, come facciano tanti a vivere così senza pagare mai.. Basta che cambi ragione sociale e i creditori non sanno più a chi rivolgersi? Intanto ricicci con un altro nome e chi se ne frega dei debiti? Come mai, mi chiedevo e mi chiedo, la Legge non fa nulla per i poveri creditori consentendo che nascano nuove Società a cui non si può chiedere il proprio credito? Uno dei miei figli trovò la sua prima occupazione presso una piccola società di certificazione ISO a normativa CEE. Lavorò per un anno come consulente con contratto a Collaborazione Coordinata e Continuata. Scoprì che il suo titolare, un Ingegnere, aveva cambiato in poco tempo almeno tre volte ragione sociale... conservandone addirittura i bigliettini pubblicitari. Chissà perché... e come mai questo è consentito con tanta facilità in questo Paese... che però con alcuni si scopre rigido ed indagatore...