Dawn si accinge ad abbracciare Cerere, e il pensiero corre inevitabilmente a Rosetta. Certo, la suspense per l’inserzione della sonda NASA attorno al grosso asteroide, in programma per venerdì 6 marzo, non è paragonabile a quella che accompagnò l’arrivo della navicella ESA attorno alla cometa 67P. Ma l’evento è di quelli che “fanno la storia”, dice il project manager della missione, Robert Mase, del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena.
Mai prima d’ora una sonda aveva visitato un pianeta nano, come venne definito durante la storica conferenza del 2006 che inquadrò nella stessa categoria anche Plutone. E se per l’ex nono pianeta si trattò d’un declassamento che ancora brucia, per Cerere fu una mezza promozione. Scoperto il primo giorno dell’anno 1801 da un italiano, l’astronomo e sacerdote d’origine valtellinese Giuseppe Piazzi, da quello che era all’epoca l’Osservatorio Nazionale del Regno delle Due Sicilie a Palermo, seppur “nano” come pianeta Cerere è un gigante fra gli asteroidi: il più grande della fascia principale, la cintura di corpi celesti situata fra le orbite di Marte e di Giove. Talmente grande che, pur essendo pari ad appena un quattordicesimo di quella di Plutone, la massa di Cerere costituisce da sola un quarto di quella complessiva dei corpi presenti nella fascia stessa.
Dal momento in cui lo raggiungerà, dopo aver percorso 4.8 miliardi di km in un viaggio durato sette anni e mezzo (compresi i 14 mesi di tappa attorno a Vesta), Dawn non avrà certo tempo per riposarsi: mano a mano che si avvicinava al suo obiettivo, le domande alle quali dovrà cercare di dare una risposta non hanno fatto che aumentare. Prima fra tutte, quella sulla natura delle due misteriose macchie bianche osservate a metà febbraio brillare dentro a un cratere del pianeta nano. Poi c’è da capire – sfruttando strumenti come lo spettrometro di bordo VIR, realizzato in Italia dall’INAF-IAPS di Roma sotto la supervisione di Maria Cristina De Sanctis – cosa possano essere quei geyser giganti che la sonda Herschel della NASA pare aver individuato sulla sua superfice. E gli scienziati vogliono anche verificare quanta acqua si nasconda nel sottosuolo, magari in forma liquida.
Più in generale, Cerere – come anche Vesta, del resto – è considerato un fossile del Sistema solare, dunque prezioso per scoprire le nostre origini. «Questi due corpi celesti rappresentano altrettanti campioni dei mattoni dai quali si sono formati Venere, la Terra e Marte. Quelli più simili a Vesta parrebbero aver contribuito in modo decisivo alla formazione del nucleo del nostro pianeta», distingue Carol Raymond del JPL della NASA, vice-PI della missione, «mentre quelli più simili a Cerere potrebbero averci fornito l’acqua». Senza contare, come ha osservato la stessa Raymond nel corso della conferenza stampa odierna, che Cerere pare fosse in passato assai simile alle lune Europa ed Encelado: dunque non è affatto escluso che possa rivelarsi interessante anche dal punto di vista astrobiologico.
Molto lavoro da svolgere, ma anche tutto il tempo per farlo, grazie anche all’altissima efficienza del motore a ioni con il quale gli scienziati controllano l’assetto della sonda. A sancire la fine della missione sarà l’esaurirsi dell’idrazina, dopo di che Dawn continuerà a orbitare attornoa Cerere per un tempo indefinito. Appuntamento a venerdì 6 marzo, dunque, ma per i primi risultati scientifici occorrerà pazientare fino alla fine di aprile: la sonda, pur in perfette condizioni, è infatti girata dalla parte sbagliata, e orientarla a dovere è una manovra che richiede qualche settimana.
Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Malaspina