Un testo intelligente ed esplicativo perché ci spiega bene il Meneghello scrittore autobiografico, autore della memoria e della rievocazione del tempo dell’infanzia.
1963, Libera nos a Malo, 1964, I piccoli maestri. I primi romanzi di Luigi Meneghello definiscono i suoi due poli dell’ispirazione, quello della sua terra d’infanzia, politematico e selettivo: «Mi occupo specialmente di certe forme della cultura paesana, una componente sommersa della nostra cultura nazionale, che per un vicentino come me è legata alla vita e alla lingua del mio paese d’origine», e quello civile e pedagogico dell’esperienza partigiana, più concentrato temporalmente e tematicamente, teso alla precisione del dettaglio e in qualche modo all’esaustività: «ciò che mi premeva era di dare un resoconto veritiero dei casi miei e dei miei compagni negli anni dal ’43 al ’45: veritiero non all’incirca e all’ingrosso, ma strettamente e nei dettagli. Mi ero imposto di tener fede a tutto, ogni singola data, le ore del giorno, i luoghi, le distanze, le parole, i gesti, i singoli spari». Entrambe le opere sono veritiere, nel senso di un’assoluta fedeltà alla personale esperienza diretta, alla soggettivissima autopsia dell’io narrante: «Come per ciò che ho scritto sul mio paese, non prendevo nemmeno in considerazione la possibilità di adoperare altra materia che la verità stessa delle cose, i fatti reali della nostra guerra civile, così come li avevo visti io dal loro interno».
…