Non si può escludere che certe specie di pesci siano dotati di sensibilità e quindi suscettibili di sentire dolore. Questa la conclusione cui è giunta la Commissione federale d'etica per la biotecnologia nel settore non umano (CENU) della Svizzera, che da anni si occupa del problema. Ai pescatori, a chi possiede acquari, ma anche ai ricercatori e al legislatore sono indirizzate una serie di raccomandazioni.
Negli ultimi vent'anni la ricerca ha cambiato notevolmente l'immagine che si aveva dei pesci. Questi non sono più considerati delle macchine che reagiscono agli stimoli, bensì degli esseri "senzienti". Il loro comportamento è flessibile, hanno una buona memoria, imparano e cooperano, rileva la CENU. Oltre che sulle facoltà cognitive, la ricerca si è concentrata sul grado di consapevolezza dei pesci, si è infatti scoperto che i pesci soddisfano le condizioni per provare dolore.Questa constatazione ha aperto il dibattito per sapere se effettivamente i pesci provano dolore. Le questioni sollevate non sono solo di natura biologica ma anche filosofica: cos'è il dolore? Cos'è la consapevolezza? Come possiamo riconoscere se un essere vivente è consapevole o meno di queste sensazioni? La maggioranza dei membri della CENU ritiene che sebbene le conoscenze scientifiche attuali non forniscano la prova che i pesci siano dotati di sensibilità al dolore, tuttavia alla luce degli indizi raccolti è difficile negarlo, almeno per certi pesci. Da qui l'invito a "trattare i pesci con attenzione e rispetto", specialmente nei metodi di stordimento e di uccisione, ma anche nella detenzione (piscicoltura) e progetti di ricerca.Una serie di raccomandazioni, quindi, che per Giovanni D'Agata presidente dello " Sportello dei Diritti ", devono essere prese in considerazione anche dagli operatori italiani e da coloro che entrano in contatto con queste specie di animali.
Lecce, 1 dicembre 2014 G
Giovanni Giovanni D'AGATA