Di Mario Marrandino. Sembrava tutto calmo a inizio anno, quando nonostante la paura si confidava in una primavera rigogliosa e in un’estate che riuscisse ad allontanare l’incubo della crisi, ma così, evidentemente non è stato.
Secondo i dati Cerved la situazione per quanto concerne i fallimenti aziendali è seriamente preoccupante, più di quanto ci aspettassimo. Perché sì, sappiamo tutti che la questione di investimenti, imprese, aziende di sorta, eccetera non è rosea per la stragrande maggioranza in tutto il mondo, ma vedere i numeri fa spesso acquisire più consapevolezza. Nel secondo trimestre dell’anno si parla di 4241 fallimenti, un aumento del 14,3% rispetto al medesimo periodo del 2013.
L’analisi del Cerved ha coperto indistintamente tutto lo Stivale evidenziando come la crescita del numero dei fallimenti sia a doppia cifra percentuale in ogni zona d’Italia, eccetto nel Nord Est, dove l’incremento è limitato al 5,5%. Si parla del 14% (sempre rispetto al primo semestre 2013) nel Mezzogiorno e nelle Isole, del 10,7% nel Nord Ovest e del 10,4% nel Centro.
Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved: “Stiamo vivendo una fase molto delicata per il sistema delle Pmi italiane: la nuova recessione sta spingendo fuori dal mercato anche imprese che avevano superato con successo la prima fase della crisi e che stanno pagando il conto sia al credit crunch sia a una domanda da troppo tempo stagnante”.