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Forse quello che sbrigativamente si può definire cantautorato rock americano non ha creato un "genere" tra i consumatori di vinile e cd in Italia, come potrebbe esserlo l'heavy-metal, il rockabilly, la psichedelia, il beat, il dark e via dicendo, stando a quello che si vede nelle fiere del vinile dove certi dischi valgono meno di una cicca ma sicuramente ha indotto tanti a prendere in mano una chitarra e a scrivere delle canzoni immaginando di essere su una strada del grande nulla americano. Springsteen prima di tutti ma anche Petty, Mellencamp, Steve Earle, John Prine, Willie Nile, Jackson Browne, Ryan Adams hanno contribuito a far nascere una piccola scena di songwriters rock italiani che cantano in italiano con l'America, quella giusta dei dreamers and losers and ramblers and gamblers, nel cuore, sognando di diventare dei local hero pronti a scaldare qualche serata tra amici o qualche pub di provincia. Dura è la vita per simili personaggi perché la cara Italia in termini di musica di qualità concede veramente poco e se non si cresce con il mito di Amici o X Factor in testa il limbo è il massimo che ci si può aspettare. Ciò non toglie che in giro ci sia gente che valga tutti gli Amici, gli X Factor e i Sanremo messi assieme, gente umile che con sentimento ed onestà insegue il proprio sogno personale. I nomi si sprecano e non starò qui ad elencarli ma Cesare Carugi, cantautore di Cecina già autore di un Ep di sei brani, è un altro di questa lista. Il suo primo full album, Here's To The Road, è un disco che si apprezza fin dalla copertina. Foto in bianco/nero, booklet curato nei dettagli, testi allegati, una veste grafica che fa subito venire in mente John Prine o James McMurtry o Freedy Johnston, i riferimenti saltano subito all'occhio e compongono la cartografia del disco, resi ancora più espliciti da una indicazione stradale che cita l'Illinois e Chicago. Ma la novità è che pur essendo un lavoro di derivazione Here's To The Road non è un disco di copiature ed imitazioni. Cesare Carugi ci sa fare con la scrittura delle canzoni, ha personalità e mette insieme una serie di titoli evocativi (Too Leave Montgomery, London Rain, Blue Dress, Goodbye Graceland, Caroline, Dakota Lights & The Man Who Shot John Lennon, Cumberland) che non sentono il bisogno di scimmiottare chicchessia. Canzoni che abitano la terra che sta tra il folk, il rock, il blues ed il country, cantate senza troppa enfasi e circostanza, più che altro interessate a raccontare piccole storie di viaggi, di amori, di letture, di vita, come fosse un diario personale reso pubblico durante una serata particolare. La voce di Carugi è calda e trasmette un senso di tranquillità anche quando è alle prese col rock n'roll , le melodie sono convincenti, le canzoni non sono ripetitive, sono varie nelle soluzioni strumentali adottate, Too Late To Leave Montgomery ha un armonica dylaniana ed una steel guitar che fa molto Ryan Adams versione Jacksonville City Nights, London Rain sa di Mike Scott e di grigiore autunnale, Blue Dress è ombrosa, lenta e southern, Caroline è dolce e malinconica impreziosita dal violino di Fulvio A.T Renzi, Death and Taxes è un bel titolo per una storia che sembra presa da un racconto di Cormac McCarthy, 32 Springs profuma di west-coast, Cumberland è una tenue folk-song, Every Rain Comes To Wash It All Clean è un bel rock da suonare dal vivo.
Cesare Carugi oltre alla voce ci mette le chitarre, acustiche ed elettriche, con lui sono Lele Bianchi alla batteria, Leonardo Ceccanti alla elettrica, Matteo Barsacchi al basso, preziosi aiuti vengono da Massimilano La Rocca in Cumberland, Daniele Tenca in Every Rain Comes To Wash It All Clean e Michael McDermott in Dakota Lights. Scritto e prodotto in proprio.
MAURO ZAMBELLINI GENNAIO 2012
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