Cetto bafanculu

Creato il 29 gennaio 2011 da Aronne

Il film sul Sig. Laqualunque provoca il vomito. E non per le risate. Ma perché è vomitevole l’idea che si possa fare un film cucendo dei vestiti sgargianti su personaggi scontati, facendoli muovere in maniera scontata con in bocca le parole, le stesse parole che, da ormai 6-7, anni Piero Guerrara scrive per Antonio Albanese. Da quando fu concepito il personaggio Cetto Laqualunque. Personaggio riuscitissimo. Certo, Cetto.
Cetto vomita, Cetto insulta, Cetto sputa, Cetto piscia, Cetto caca. Sopra tutto e tutti. Sopra ogni morale, ogni decenza, ogni diritto, ogni buon senso del vivere civile e del vivere comune. Ma una cosa è il personaggio, le gag, i gesti, le movenze dello straordinario Albanese. Attore insuperabile. Caricaturista, che nei suoi film, ha dimostrato di essere un camaleontico interprete di ruoli profondamente distanti che è capace di rendere credibili. Un’altra cosa è un film. E questo film non è.
Manfredonia, il regista, doveva fare di più. Andare oltre le gag e la banale sovraesposizione dei mali della Calabria e del Sud. Una banale, grottesca sottolineatura di un profondo malessere che è culturale. Che è genetico, incistato nella placenta di una terra vittima della sua stessa gente. O, almeno, di molta parte di essa. Cui questo film, banalizzandosi, finisce col dare poco aiuto. Perché, se è vero che anche il troppo ridere può tramutarsi in tanto pensare, è anche vero che troppo ridere, di cose gravissime, finisce col semplificare, annacquare. Il sud è brodaglia ormai!
Albanese ha ribadito, più e più volte, il suo intento di colpire una certa cultura omogeneizzata. Dominante. Una cultura autoritaria che non si sente responsabile ma legittimata. Che al confronto contrappone l’affronto. Ma non basta.
Interpretare un personaggio per condannarne l’anima è esercizio assai complesso. Albanese corre seriemente il rischio che un personaggio così vivo, così reale, come Cetto Laqualunque, che se oggi si candidasse veramente alle prossime elezioni otterrebbe il 9% delle preferenze, di diventare suo prigioniero. E come tutti i prigionieri finire vittima della sindrome di Stoccolma.
La gente in sala inizia a ridere appena si spengono le luci. Sono ancora i trailers di altri film. Segno che non ci si può aspettare un pubblico critico. Segno che alle prossime elezioni scelgano di nuovo lo stesso premier confondendolo col sempre più reale Cetto.
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vg

  

  



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