Magazine Lavoro
"Svuotare i palazzi e ripopolare il territorio" potrebbe essere questa la parola d'ordine del cambiamento invocato dalla Cgil nella sua conferenza d'organizzazione aperta a Roma con la relazione di Nino Baseotto. Nessuno fraintenda. Non é un richiamo ai palazzi del potere, ai moderni palazzi d'inverno. Il riferimento è alle sedi sindacali e ai sindacalisti che troppo spesso occupano il loro tempo, promuovendo riunioni o studiando carte, chiusi nei loro uffici. É l'invito a uscire e andare a caccia di quell'esercito ad esempio di precari che non conoscono il sindacato. Senza aspettare inutilmente che siano loro a farsi vivi. É il modo migliore per rispondere a quanti stanno cercando di demolire il sindacato magari inventando cifre fantomatiche sulla perdita di tesserati. Perché resta comunque vero che il sindacato perde sangue e non solo a causa della crisi che mangia il lavoro o del governo che lo ridicolizza un giorno sì e uno no.
Una seconda risposta, presente nella relazione, sta nello scommettere, come in altre stagioni, sul ruolo delle strutture di base, sui lavoratori in carne ed ossa. Va in questa direzione la proposta di far eleggere i futuri dirigenti non da gruppi di esperti funzionari ma da "assemblee generali" composte in maggioranza da operai, impiegati, tecnici. Il problema sarà semmai sui criteri atti a garantire una presenza, nella nuova struttura assembleare, non burocratica ma, a sua volta, frutto di una scelta di base. Non semplicemente pilotata, dunque. É il tema della democrazia sindacale sulla quale insisteva in uno dei suoi ultimi interventi, il compianto Riccardo Terzi, appassionatamente ricordato da Susanna Camusso all'apertura proprio di questa iniziativa CGIL.
Una terza risposta alla canea antisindacale credo, dovrebbe consistere nella più salda ripresa dei rapporti unitari con Cisl e Uil. Non a tutti i costi, ha detto Baseotto. É però senza quella unitá sará difficile realizzare davvero un accordo sulla rappresentanza e impedire una legge capestro. Nonché portare a casa risultati in una stagione contrattuale che si annuncia come un possibile scontro finale. Visto che le piattaforme rivendicative unitarie sembrano avanzarle quelli che un tempo chiamavamo padroni e che ormai invocano la restituzione salariale. Non gli é bastato l'articolo 18. Ci hanno preso gusto.