Il cielo è terso e dona una sensazione di quiete. I raggi del sole diffondono un piacevole calore che scalda la pelle. Le mani sono distese lungo i fianchi e sfiorate da sottili fili d’erba. Le composizioni di Let Your Hands Be My Guide paiono lievi e impreziosite da un’aura sognante dal retrogusto shoegaze. Chantal è accompagnata dal violoncello di Gyða Valtýsdóttir (Múm), dal pianoforte di Nils Frahm, dalle linee di basso eseguite da Shahzad Ismaily e da Peter Broderick. L’intento è di intraprendere un viaggio interiore facendo propria una forma espressiva che possa carezzare nel profondo. Ne risulta pop etereo contornato da gradevoli arrangiamenti di chitarra, sempre guidato da Acda, in possesso di una voce la cui dolcezza non può lasciare indifferenti. “Jason” introduce il discorso in modo fluido e aggraziato, “We Will, We Must” è memore dell’ammaliante semplicità dei Kings Of Convenience e “Own Time” guarda in direzione delle nuvole che leggere si lasciano trasportare dal vento. “Lost” tratteggia lo sguardo incantato di una fanciulla in un immenso prato, oltre il quale vi è l’inafferrabile linea dell’orizzonte, mentre “Wintercoat” porta una brezza di malinconia per mezzo di delicati sussurri. “We Must Hold On” si avvale dell’elettronica, ma conservando l’innocenza propria di Let Your Hands Be My Guide. Il cielo è ancora terso e dona una sensazione di quiete. I raggi del sole diffondono un piacevole calore che scalda la pelle. È ora di alzarsi e avviarsi lungo il sentiero che porta fuori dalla campagna, immettendosi in stretti vicoli oltre il quale vi sono le case della periferia cittadina: nella flebile “Arms Up High” avrete trovato un confortevole rifugio.
Tracklist
01. Jason
02. We Will, We Must
03. My Night
04. Own time
05. Arms Up High
06. Lost
07. Backdrops
08. Wintercoat
09. We Must Hold On