Bloodeaters
(Il ritorno degli zombi)
1980
Stati Uniti d'America
regia: Charles McCrann
scritto: Charles McCrann
Altro estratto dal largo panorama dell'exploitation, di quella sfornata appena entrati nel decennio Ottanta.
McCrann, al timone della sua unica opera, ne cura, oltre a regia e scrittura, anche montaggio e produzione, in più impersona il protagonista.
La trama pare ricalcare quella branca del genere pervasa da uno spirito reazionario, con gli hippie visti come un estremo male, dediti a cattiverie e malefatte di ogni tipo. Però non è tutto, c'è anche spazio per critiche al sistema, alla direzione di Washington disinteressata alle zone più remote degli States, a soggetti federali arroganti ed incompetenti, che non si fanno alcun problema ad adottare soluzioni estreme irte di conseguenze negative. Proprio queste particolarità rendono la pellicola diversa da quelle del filone di su, maggiormente diffuse nei seventies.
Si parla di un gruppo di "giovinastri" coltivatori abusivi di marijuana, e della scelta governativa di risolvere il problema irrorando il luogo con una poco sperimentata sostanza chimica atta a distruggere il raccolto; chiunque si trovi a diretto contatto con essa subirà una mutazione simile alla "zombizzazione", ma è più giusto definirla un contagio, visto che le persone paiono non passare per lo stadio di cadavere.
Fra una evidente approssimazione generale scorrono anche diverse strizzate d'occhio ad altre opere: agli assedi claustrofobici degli zombi romeriani, al personaggio dell'eremita de La moglie di Frankenstein, fino alle situazioni da film con "hillbilly" o à la Un tranquillo week-end di paura.
Gli attori, quasi tutti alla loro unica presenza sulle scene, si aggirano per ambienti boschivi e strutture minimali inneggianti al risparmio, arrangiandosi nell'interpretazione. In più l'illuminazione scarseggia nelle sequenze notturne, ne consegue una interpretazione difficile di ciò che succede in scena. Non mancano ironie involontarie e dialoghi da punto interrogativo, ma siamo comunque su livelli superiori rispetto a molto altro, anche per quanto riguarda il make up e gli effetti, coadiuvati da furbe scelte di montaggio.
Gradita l'ossessiva musichetta, tipicamente "grindhouse".
La pellicola fu inserita nella controversa lista dei "video nasty", sorta di censura per l'home video presente nel Regno Unito, anche se la violenza contenuta non è di grado elevatissimo.
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