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Charlie Hebdo: insultare l’Islam e Maometto non è libertà di pensiero

Da Pukos
Charlie Hebdo: insultare l’Islam e Maometto non è libertà di pensiero

Una vignetta raffigura Gesù Cristo che bacia un uomo come un uomo bacerebbe una donna, un’altra il Papa in gonnellino che si guarda compiaciuto allo specchio e poi San Gennaro che s’incipria: ecco ho immaginato queste vignette pubblicate da una redazione di giornalisti musulmani.  Come reagiremmo noi cristiani?

Parleremmo di satira e di libertà di espressione? Non credo, la cosa provocherebbe un acceso dibattito all’interno della chiesa e della comunità cattolica e non mancherebbero forti prese di posizioni e forse qualche gesto violento: quando la nostra religione viene vilipesa e sbeffeggiata da parte di un popolo che professa un altro credo, difficilmente riusciremmo a digerirlo e parleremmo di insulto gratuito, inaccettabile. Nessuno ammazzerà per questo, ma sicuramente faremmo più attenzione a produrre determinate vignette sulla religione Islamica.

Quando si insulta la religione di un popolo non si può parlare di satira, né di libertà di pensiero. Nel caso di Charlie Hebdo, pur se non si tratta di satira, ma di volgare provocazione, nulla naturalmente giustifica una reazione violenta e assassina.

Se però passa il messaggio che in nome della satira possiamo dire ogni cosa, non parliamo più di libertà di espressione, ma di anarchia del pensiero.

Quando abbiamo a che fare con un popolo profondamente religioso come quello musulmano, nel quale non mancano derive e appendici estremiste, soffiamo sul fuoco ogniqualvolta lo si irride nei suoi simboli sacri: facciamo satira politica, condanniamo con una denuncia seria, puntuale (attraverso reportage, inchieste, libri) le “mancanze” e i “limiti” della loro religione quando va a ledere i diritti fondamentali della persona, quando diventa fondamentalismo.

Questa è la sola strada che ci è concessa di percorrere: un’operazione culturale legittima e civile.

Riccardo Ianniciello – Scrittore


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