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Chávez, con un perfetto stato sociale, restituì il petrolio al suo Popolo, oggi Obama glielo vuole togliere

Creato il 09 marzo 2013 da Nino Caliendo

Hugo Chávez è la spiegazHugo Chávezione del perché, in America Latina, la parola “socialismo” ha ancora un significato, mentre in Europa lo ha perduto. Il significato sta nel fatto che là hanno applicato alcuni principi fondamentali: Chávez è stato un protagonista del socialismo, che in Europa è stato totalmente dimenticato. Questa spiegazione sta innanzitutto nei numeri. Nei circa vent’anni del suo governo, Hugo Chávez ha cambiato la faccia del Venezuela in modo radicale. E’ stato il suo potere, la sua guida, che ha portato il Venezuela al primo posto nella riduzione della povertà in quei paesi. Ha portato al dimezzamento della mortalità infantile. Ha portato una rivoluzione educativa che ha trasformato alle radici la cultura di quel popolo, perché adesso l’85% della popolazione sa leggere e scrivere – più di ogni altro paese latinoamericano. Un paese che ha meno disoccupazione di tutti gli altri paesi dell’America Latina, e con un’assistenza sanitaria senza confronti in tutto il continente, con l’aiuto di Cuba.

Hugo Chávez era dunque un socialista perché amava il suo popolo. E per questo, come sappiamo, è divenuto lo spauracchio odiato da tutto il mainstream occidentale, dai poteri dell’Occidente e dalla stampa dell’Occidente, al solito: la danza la guidava il Dipartimento di Stato Usa, con dietro la Cnn e tutti i grandi media e le grandi catene americane, e in coda – come sempre – tutte le televisioni e i giornali italiani, in testa ovviamente “Repubblica”, il “Corriere della Sera”, la “Stampa”, che non hanno fatto altro che scrivere contro di lui, contro quello che stava facendo. Lo chiamarono “dittatore socialista”: doppio insulto, per quelle bocche. Lo chiamavano “dittatore socialista” sebbene – guardacaso, che stranezza – Hugo Chávez abbia vinto tutte le elezioni alle quali ha partecipato, e abbia vinto con grande margine, e non abbia abolito nessuna legge democratica. E sebbene un popolo intero, nel 2002, lo avesse riportato al potere dopo un colpo di Stato applaudito e benedetto dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America.

Certo, fu un dirigente d’acciaio. E non fece complimenti agli avversari. Ma a quelli che lo criticano vorrei dire: chi potrebbe trasformare un paese senza esserne un dirigente d’acciaio? Chi potrebbe tenere in piedi una situazione così complicata senza andare diritto per la sua strada, magari anche qualche volta violando qualche norma? Ma perché, noi non violiamo le norme? Nel nostro paese siamo tutti così puliti, così democratici e così rispettosi delle norme? Noi, che abbiamo violato la Costituzione repubblicana a più riprese; che abbiamo depredato il popolo nella sua sovranità: noi abbiamo il diritto di criticare Hugo Chávez? Certo, fu un dirigente d’acciaio. Si ispirò a Bolívar, che nell’agosto del 1805 – noi siamo legati a questa storia – a Montesacro, qui a Roma, giurò di liberare l’America Latina dal dominio dei potenti. Ma pochi sanno – quasi nessuno lo ha scritto – che il modello di Chávez, più ancora che Bolívar, fu Salvador Allende.

Una volta, in uno dei suoi discorsi, Chávez disse che si sentiva – come Allende – pacifista e democratico. E dopo aver studiato i metodi con cui venne costruito il golpe contro il potere democratico cileno, in cui Allende fu assassinato, Chávez aggiunse: «A differenza di Allende, noi siamo armati». Lo si può criticare, per questo? Ma allora lo si fa da un punto di vista molto ingenuo – se non in malafede. Perché agì di conseguenza, riprendendo nelle mani dello Stato il controllo dei profitti petroliferi, che a sua volta gli consentì di riprendere la ricchezza del paese nelle sue mani e di iniziare la distribuzione di quella ricchezza nelle mani del popolo. Ovvio che avesse dei nemici. Molti nemici: in patria, e soprattutto fuori. Mi domando come sia possibile immaginare una cosa diversa. Ma finché visse, fu invincibile. Con le sue maratone televisive che milioni di persone ascoltavano, perché immagino le sentissero sincere. Qualcuna l’ho sentita anch’io, e ho visto la capacità straordinaria di spiegazione, la volontà di essere capito. Ovvio che, adesso, si intensificheranno le manovre per cancellare il suo lascito politico – dall’interno e, soprattutto, dall’esterno. 

La transizione che Hugo Chávez ha cominciato è soltanto all’inizio, di fatto, sebbene il suo Venezuela abbia cambiato non solo se stesso, ma anche – in gran parte – ciò che è avvenuto in questi ultimi anni in America Latina: un contributo che è stato decisivo. Assisteremo probabilmente a una linea di logoramento progressivo, la vecchia tattica che servirà per far cadere il regime – se ci riusciranno. La capacità di corruzione e di violenza dell’impero occidentale è immensa; resistervi non sarà niente affatto facile. Mettere le mani sulle riserve petrolifere del Venezuela, che pare siano le più grandi del mondo, è forse l’obiettivo più importante: cioè, trasformare il Venezuela in una Arabia Saudita dei Caraibi. E’ un’operazione che potrebbe rivelarsi cruciale, ai primi posti degli interessi americani – anche per salvare i conti della Federal Reserve, perché l’Arabia Saudita ha continuato a comprare i certificati di credito del Tesoro degli Stati Uniti con i propri prodotti petroliferi: è stato un do ut des che Chávez non ha mai più consentito, da quando ha preso in mano il potere petrolifero. Certo Chávez non li ha mai comprati, i certificati di credito del Tesoro americani: e questo è il sogno, in questo momento, dello stesso presidente Obama.

Ma non sarà possibile, se si vorrà continuare la linea impostata da Hugo Chávez, perché quella linea era basata proprio sulla ripresa in mano delle redini petrolifere: è con queste che Chávez ha cambiato l’America Latina, per esempio investendo 36 miliardi di dollari, soltanto negli ultimi anni, nell’aiuto dei paesi fratelli: per esempio scambiando petrolio con l’Uruguay in cambio di carne, e prestando denaro a tassi d’interesse assolutamente infimi rispetto a quelli offerti dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. Quindi siamo in un momento di svolta, senza dubbio. Il Venezuela, anche senza Chávez, avrà amici in tutta l’America Latina. E l’esercito potrebbe essere capace di resistere alle lusinghe e alle minacce che vengono dal Nord. Aspettiamoci però una serie di operazioni di destabilizzazione. E impariamo da lui, da loro. Perché anche nei nostri confronti già esistono, e verranno intensificate, proprio queste manovre di destabilizzazione. E quando dico da noi, intendo: noi Italia, dopo questo voto. Stiamo in guardia, dunque. E buona fortuna a tutti.

Giulietto Chiesa, “Chávez, un eroe popolare”, video-editoriale pubblicato su “Megachip” l’8 marzo 2013

Fonte: http://www.libreidee.org/2013/03/obama-vuole-il-petrolio-che-chavez-restitui-al-suo-popolo/

 


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