Che barba, questi stregoni

Siamo nel 2010 e attorno a ogni Nazionale d'Africa continua ad aggirarsi, implacabile, uno stregone, non importa se nativo o di importazione. Possibile? Per carità, maghi e magheggi sono sempre esistiti, e anche in Italia hanno un loro pubblico, come documentano certe trasmissioni notturne. Tutti vogliono sapere tutto del futuro e, così facendo, dimenticano il presente. Sembra quasi che, se non si affibbia uno sciamano al Ghana di turno, si prenda un buco o non si sia originali. Per carità: mogli, stregoni e buoi dei Paesi tuoi. Piacciono i pezzi di colore, e allora diciamone e scriviamone di tutti i colori. Un camerunense potrà sempre rinfacciarci il sale sparso prime delle partite, il sangue di San Gennaro, i rosari e i santini che gli allenatori sfoggiano in panchina e le nonne in chiesa.
Però che barba. Mi piacerebbe istituire un premio per il miglior reportage sul calcio africano in cui venga ignorata la parola «stregone». Naturalmente, visto che dovrò occuparmi del quarto di finale tra Uruguay e Ghana, non potrò esimermi dal citarne almeno uno. Se lo spirito è forte, il mouse resta debole. Ci vorrebbe una sterzata radicale. Non dico di fingere che siano un'invenzione. Semplicemente, propongo di fare uno sforzo e immaginare un'Africa superiore a questo folclore da bancarella.
Obiezione: e il rischio della «fattura» ritorsiva? Beh, questo è un pericolo che corriamo quasi ogni giorno, dal momento che molti professionisti non la rilasciano, con o senza virgolette: se li paghi in «nero» (satira politica), ti fanno pure lo sconto. Suvvia, è arrivato il momento di darci un taglio. Ci manca solo il pentolone dentro al quale cucinare i bianchi (uruguaiani?) freschi di cattura. Usciamo, finalmente, dalla cialtroneria dei luoghi comuni. Al diavolo gli stregoni. Tranquilli: mi assumo io tutte le responsabilità.
ROBERTO BECCANTINI