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Il "cozzalone" barese non è solo una persona (più spesso un uomo) di livello socio-culturale piuttosto basso, tanto che parla con un forte accento barese, storpia le parole italiane e straniere e "traduce" alla lettera dal dialetto all’italiano; è anche uno che veste pacchianamente alla moda, ossia sceglie spesso capi firmati taroccati in cui sia visibile la firma prestigiosa (vedi la cinta di Checco nel film), guida macchine di grossa cilindrata di solito usate (vedi la Porsche Carrera del film), ha una gestualità molto tipica (che probabilmente solo un barese può capire integralmente) e, soprattutto, ha una visione del mondo semplificata, essenziale, che risulta alla fine divertente e sottilmente azzeccata nella sua ingenuità. È, infatti, proprio mediante un personaggio le cui caratteristiche principali sono l’ignoranza e l’ingenuità che Checco Zalone mette alla berlina la società contemporanea in tutte le sue componenti e porta allo scoperto i pregiudizi che la parte presuntamente "educata e colta" della società ipocritamente cerca di dissimulare.
In questo caso la storia del film non solo pone al centro il rapporto Nord-Sud, visto che Checco è un giovane barese che vive da molti anni con la famiglia in Brianza, pur mantenendo forti contatti e radici pugliesi, bensì anche il rapporto Occidente-Oriente, dal momento che Checco si innamora di Farah (Nabiha Akkari), giovane e bella maghrebina che in realtà – insieme al fratello – sta preparando un attentato alla Madonnina e utilizza il povero Checco (addetto alla sicurezza del Duomo) per arrivare al suo scopo.
Della storia non dirò altro. Non c’è dubbio però che – dopo una parte iniziale un po’ in sordina – il film decolla e risulta esilarante in maniera quasi liberatoria. Preparatevi, in particolare, alla strepitosa sequenza del battesimo festeggiato ad Alberobello!
Checco Zalone mi ricorda in qualche modo il duo comico pugliese Toti e Tata (al secolo Emilio Solfrizzi e Antonio Stornaiolo) nel momento di loro massimo splendore, ossia ai tempi di Teledurazzo (mitica l'interpretazione del cantante barese Piero Scamarcio) e della soap opera Filomena Coza Depurada. In modo simile a Checco Zalone, Toti e Tata portavano in scena la quintessenza della baresità, rimanendo mirabilmente in bilico tra stereotipo e realtà.
Nel caso di Checco, l’operazione risulta ancora più riuscita, visto che Toti e Tata non sono mai stati realmente in grado di varcare i confini pugliesi e risultano poco leggibili a un pubblico che non conosce dal di dentro la baresità per averci vissuto a lungo, mentre Checco si rivolge a un pubblico più ampio, portando sulla scena cinematografica il corrispettivo barese del personaggio calabrese di Antonio Albanese, dei numerosi tipi che rappresentano la napoletanità, del prototipo del siciliano.
La sua è in fondo un’operazione sostanzialmente intellettuale, un po’ come quella di Albanese per Cetto Laqualunque (a proposito, è in uscita il film), in cui si ride di gusto grazie a una satira che ci trasmette un preciso messaggio: la quotidianità politica e sociale della nostra Italietta non è poi tanto lontana dalla sua rappresentazione satirica, solo apparentemente estrema e stereotipale.
Insomma, è chiaro che il mio giudizio è nettamente di parte (soprattutto dopo che ho scoperto che Luca Medici ha studiato al Liceo Scientifico "Sante Simone" di Conversano!) e non sono sicura che un non-barese possa ridere così di gusto come ho fatto io durante la visione del film, ma - non ho dubbi - il cinepanzerotto inventato da Checco Zalone mi piace molto, molto, molto di più del cinepanettone.
Voto: 3,5/5
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