Siamo nel Sud Sudan e i "Teacher training institute", presenti laggiù un po' dappertutto, sono delle scuole, che sono divenute note da noi attraverso le cronache provenienti dall'Africa.
E questo quando la situazione d'insicurezza e di violenza in quel Paese ha deflagrato a tal punto (era il maggio scorso), in particolare a Yambio, nel Western Equatoria,dove vivere, senza correre rischi, era impossibile e per la gente del luogo e, persino, per alcune missionarie.
Qualcuno ricorderà certamente il caso di una suora brasiliana, un'insegnante, aggredita da uomini armati.
Che ci fossero problemi relativi all'instabilità politica, alle conseguenti difficoltà di carattere socio-economico e alla dilagante povertà dei più era evidente fin dalla nascita dello Stato indipendente del Sud Sudan.
E cioè dal luglio del 2011.
Così le congregazioni missionarie, alcune delle quali già operanti sul territorio, come quella dei comboniani, e altre in arrivo con personale proveniente da differenti Paesi, decisero per il Sud Sudan di realizzare tutta una serie di programmi, raggruppati sotto la denominazione di "Solidarity with South Sudan", incluso quello relativo all'insegnamento.
Inutile sottolineare che analfabetismo e carenze di natura sanitaria erano e sono, ancora oggi, aspetti molto vistosi laggiù.
E richiedono, manco a dirlo, grande impegno e buoni mezzi.
Dire che c'è poco e o niente di tutto quanto necessita ai nuclei familiari, che s'incontrano, è solo un eufemismo.
Perciò la rete di "Solidarity with South Sudan" ha creato fin da subito delle comunità miste di religiosi e di religiose di diverse congregazioni, e in varie località del Sud Sudan, con l'obiettivo d' arrecare solidarietà solidale.
Leggi : lo spendersi di ciascuno senza risparmio e con professionalità. Nulla lasciando all'improvvisazione.
E il fatto che le congregazioni siano differenti, proprio con la diversità dei rispettivi carismi, rappresenta semmai una ricchezza impagabile.
La cosa più importante è l'impegno mirato che esse profondono nel formare in loco personale docente, personale sanitario oltre che abili lavoratori e lavoratrici della terra nonché pastori capaci.
Le popolazioni, laggiù, vivono in prevalenza di agricoltura e di pastorizia. Ma imparare a lavorare bene la terra e saper gestire adeguatamente il proprio bestiame equivale, come tutti sanno, a risolvere di gran lunga e nell'immediato il problema alimentare.
Combattere cioè la denutrizione e tutte le possibili malattie ad essa collegate.
E non è affatto poca cosa.
Più delicato ancora è poi l'impegno dei missionari e delle missionarie nel campo della guarigione dai traumi.
E di traumi riguardanti uomini-donne-bambini se ne riscontrano di differente natura, proprio considerando il contesto intriso di violenza gratuita, in tempo di guerra ma anche, talora, in tempo di pace.
E i programmi,ad oggi, procedono più che bene, anzi egregiamente, dal momento che alcuni giovani, che hanno frequentato i "Teacher training institute" in diverse località del Sud Sudan e si sono già diplomati con profitto, ora sono degli insegnanti nelle scuole primarie del Paese.
Questo appunto è fare bene il bene, a patto di saper scorgere le necessità reali di un contesto e ad esse provare a dare le risposte adeguate.
Sembrerebbe che questi missionari e queste missionarie ci stiano riuscendo.
Una scommessa, quella del " Solidarity with South Sudan", che comincia insomma a dare i primi piacevoli frutti.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)