Pablo Picasso, Le chef d'oeuvre inconnu
da 37. Che cos’è l’amore
[...] Tutto dorme.
Per strada, così presto, solo lui, la marmotta.
Una testa di porco mostra i denti, lì dal macellaio.
Il ricatto del freddo: gli occhi lacrimano.
Ora è accanto al camino, nella sala dei libri, tutto rigido.
«Il primo attende» dicono qui in Svezia.
E da sovrana, lei, lo fa aspettare.
Lui guarda in giro, osserva, quanto sapere inutile,
di scuola. Quei misteri in marocchino…
Porfirio e Lullo, historici e teologi -
da capogiro. Il dente duole, e ha freddo.
[…]
«Non vi è vergogna?» chiede alla regina.
«A che pro – star sul greco all’età vostra?»
Lei registra – che di mattina presto l’uomo è pallido,
ma copre la cattiveria con il fruscio del vestito.
Un filosofo, ecco. I classici lo rendono irritabile.
«Permettete, ora ditemi tutto ciò che sapete realmente»
Bel colpo. Menomale che il tête à tête non ha testimoni.
[…]
«Chiedete allora, avanti» «Ognuno ha certo amato.
Ma che cos’è l’amore? – Sieur, lo sapete?»
Ecco, lei l’ha dove lo vuole avere, averlo nella pania.
[…]
Nella sua nicchia ha i brividi il Platone di marmo
e si tira la toga sulle spalle – e così fa Descartes col suo mantello.
[…]
«Esser al bando ed il più dolce esilio per stolti e geni
è l’amour. Non ha sponde. In piccolo incomincia,
è un istante di luce che diventa un’ulcera dell’anima.
Son les esprits, gli spiriti vitali, corporali, a estraniarci
da noi stessi. L’oggetto – è una zolla di zucchero:
volerlo possedere è un lungo affanno»
«Monsieur, e ci fa bene?» «Molto prende,
molto elargisce. Ma quel che conta: insegna
che tu sei una parte. E ami solo il tutto
E ciò che si sottrae ti annienta e infiamma»
[…]
«Un alibi per tutti è ancor l’amore,
un motivo per cui il mondo è com’è – lacerato, cattivo, ingovernabile»
«Chiarissimo» Lui fa di sì e la guarda. Chissà se lei capisce
perché la sensibilità qui soffre il freddo.
A partire da «Mi trovavo allora in Germania, richiamatovi dalle guerre che colà ancora si combattono. Ritornando all’esercito dopo aver assistito all’incoronazione dell’imperatore, fui costretto dall’inverno incipiente ad acquartierarmi in una località dove, non essendo distratto da alcuna conversazione e non essendo turbato, per fortuna, né da preoccupazioni né da passioni, trascorrevo tutto il giorno da solo chiuso in una stanza ben riscaldata da una stufa, dove avevo tutto l’agio di intrattenermi con i miei pensieri. […] » (Cartesio, Discorso sul metodo, parte seconda -versione elettronica qui)
e dal verso di Orazio «Dissolve frigus», Grünbein, sulla base delle notizie storiche e degli scritti del filosofo, muove gli scenari del “bianco” per un giovane Cartesio nel 1619 in Germania e per un Cartesio che muore di polmonite alla corte della regina Cristina di Svezia nel 1649.
Come bene indica Anna Maria Carpi nella postfazione, questo poema (“o romanzo in versi”) è condotto lungo le coordinate (verrebbe da dire cartesiane…) di “corporeità, visibilità e figuratività”; “difatti”, ed è sempre Anna Maria Carpi che lo evidenzia, “Grünbein ricorda il detto di Keplero: ut pictura, ita visio, e pare tenersi a quel principio estetico classico che decadrà solo nella seconda metà del ’700 [...]. Grünbein guarda però anche alla poesia barocca [...] possiede fra l’altro le qualità in auge nelle retoriche dell’epoca, l’ingenium, l’agudeza, il wit o Witz [...]“
[Durs Grünbein, Della neve ovvero Cartesio in Germania, a cura di A. M. Carpi, Einaudi, Torino 2005]
Altri riferimenti:
Durs Grünbein in due illuminanti e importanti interviste (presenti in rete):
Stefano Vastano – L’UNITA’ – 03/12/2004: Cartesio un poeta
Italo Testa: Dialoghi sulla lirica: # 1 Durs Grünbein