Il nostro buon senso comune, si fonda spesso più su una fantasia che sull’esperienza e sono necessarie parecchie esperienze per cancellare la nebbia del sogno. Provate a pensare per un istante agli incendi, che puntuali, ogni estate devastano i nostri boschi.
Quando non si può trovare la causa di un incendio, si parla comunemente di cause naturali, ossia spontanee. Se cercate di approfondire questa spiegazione, vi renderete conto di trovarvi di fronte all’applicazione di un razionalismo corrente, che è niente più di una semplice illazione. Scoprirete allora, che gli incendi delle foreste si producono per “l’attrito” dei rami in estate. In pratica lo sfregamento progressivo del legno dovrebbe causare l’accensione del legno. Va da sé, che questo fenomeno non è mai stato osservato nel suo aspetto naturale, cioè in realtà nessuno lo ha mai osservato in modo diretto, ma in mancanza di meglio, si deve supporre che le cose vadano proprio in questo modo. Anche la stessa invenzione del fuoco, pietra angolare di tutto l’edificio della cultura umana, che presuppone lo stato bruto dei primi uomini, presenta difficoltà pressoché insormontabili. Nulla è più consueto del fuoco, per noi uomini d’oggi; ma l’uomo primitivo avrebbe potuto vagare per millenni nei deserti, senza vederne uno solo sulla crosta terrestre. Concediamogli un vulcano in eruzione, una foresta incendiata da un fulmine: abituato nella sua nudità a sopportare le intemperie delle stagioni, si sarebbe forse precipitato immediatamente a scaldarsi?Non sarebbe piuttosto fuggito? L’aspetto del fuoco spaventa la maggior parte degli animali, eccetto quelli che, nella vita domestica, vi sono abituati…Anche dopo aver provato i benefici effetti di un fuoco che gli offriva la natura, come avrebbe potuto conservarlo? Come avrebbe potuto una volta spento, riaccenderlo? Se due pezzi di legno fossero caduti per la prima volta nelle mani di un selvaggio, attraverso quali suggerimenti dell’esperienza avrebbe indovinato che potevano infiammarsi con uno sfregamento rapido e ripetuto più volte?
In realtà, il razionalismo scientifico si guarda bene dal rispondere a molti quesiti che attengono alla nostra esperienza quotidiana, dandoli per scontati. Provate voi stessi a domandare ad uno scienziato “che cos’è il fuoco?” e riceverete delle risposte vaghe o tautologiche che ripetono inconsciamente le teorie filosofiche più antiche e chimeriche. Ma veniamo ora, all’oggetto della nostra breve indagine di oggi: il tempo e lo spazio.
Siamo portati a considerare scontati spazio e tempo; solitamente questi due concetti non ci turbano, per il semplice motivo che non li consideriamo con attenzione. Se lo facciamo cominciamo a sentirci sconcertati o confusi. Lo spazio sembra essere una cosa semplice. E’ qua tutt’attorno a noi, e si estende in ogni direzione, comprendendo ogni oggetto del mondo. Proviamo sorpresa quando veniamo informati che altre popolazioni, con altri patrimoni culturali, vedono lo spazio in modi diversi. Sembra ad esempio che gli arabi e i giapponesi, gli indiani Hopi e uomini di altri orizzonti culturali, abbiano diversi modi di organizzare i loro pensieri, e di esprimere ciò che concerne la disposizione delle cose nello spazio e le relazioni tra queste: questi uomini vivono in diversi mondi mentali e quindi in diversi mondi spaziali. Ma la faccenda si complica ulteriormente quando prendiamo in considerazione il fattore tempo. Anch’esso è qua, e si estende comprendendo ogni oggetto ed evento, nel passato, nel presente, nel futuro. Diversamente dallo spazio però, il tempo non è tutt’attorno a noi. L’esperienza del tempo è interiore e non possiamo vedere direttamente il tempo nel mondo che ci circonda. Gli intervalli costituiti da minuti o ore che possiamo vedere sul quadrante di un orologio, in realtà sono intervalli di spazio. E’ indubbio che non si può rappresentare un secondo in termini di pura forma, come possiamo invece fare per un centimetro. “Ma dunque, che cosa è il tempo?” si chiedeva Agostino nelleConfessioni. “Se nessuno mi interroga in proposito, so che cosa è. Se però desidero spiegare che cosa il tempo sia a chi mi pone la domanda, mi accorgo di non saperlo.” Adesso è giunto il momento di porci la domanda cruciale, insieme con il lettore che ha avuto la pazienza di leggerci fino a qui. Lo faremo dopo un breve preambolo. Il nostro cervello, è frutto di una evoluzione che è iniziata dalle forme viventi più elementari, e che è culminata nella odierna straordinaria complessità della mente umana. Come ben sappiamo, il cervello non ha un rapporto diretto con l’ambiente circostante, ma è in contatto con esso mediante i sensi, cioè la vista, l’olfatto, il gusto, il tatto e via dicendo, e tutti questi sensi si sono anch’essi evoluti nel corso di centinaia di migliaia di anni, dandoci una rappresentazione molto precisa e raffinata dell’ambiente che ci circonda. Ora, quale dei nostri sensi ci fornisce informazioni sul tempo? Impossibile rispondere, vero?Ma com’è possibile che nel corso dell’evoluzione della specie, un aspetto così importante come il senso del tempo sia stato trascurato, tanto da farci domandare come già fece Robert Hooke nel diciassettesimo secolo, dove il tempo sia e come lo si percepisca? Questa perplessità fu ben espressa da Austin Dobson, nel suo The Paradox of Time, con i versi:
Il tempo passa, tu dici? Oh, no!
Ahimè: il tempo è fermo, passiamo noi!
Stiamo forse cercando di insinuare che il Tempo in realtà non esiste? Ebbene sì, è precisamente quello che stiamo facendo. Non si illudano coloro che legano il concetto di tempo, a meri fenomeni astronomici come il sorgere/tramontare del Sole o della Luna. Gli studi di cronobiologia, ci rivelano che se si isola un uomo per qualche settimana in una grotta, senza orologi, e senza alcuna nozione dell’alternarsi del giorno e della notte, ben presto perde qualsiasi cognizione del tempo, e (è già stato osservato) può trascorrere anche 14 ore consecutive leggendo un libro, credendo invece di aver dedicato alla lettura 2 o 3 ore appena.
Trovandoci in un blog generalista, non approfondiremo ulteriormente l’argomento per non scoraggiare o annoiare il malcapitato lettore, anche se avremmo materiale con cui riempire decine di pagine. E’ una scelta che in passato qualche blogger ci ha rimproverato, ma non possiamo fare altrimenti. Lo scopo dei nostri post è unicamente quello di stimolare una curiosità intellettuale in chi legge. Confidiamo nel fatto che almeno un lettore su dieci, decida di approfondire da sé questo intrigante argomento.