Che Dio mi perdoni

Creato il 03 settembre 2013 da Annalife @Annalisa

Con tutto il rispetto…

Il mio parroco farebbe probabilmente tre salti sulla sedia e poi strillerebbe alla blasfemia. E io, fedele devota, mi ci sono accostata con lo stesso animo, pronta a interrompere sul più bello.
E invece, Biff rimane borderline (IMHO) e non precipita mai nel ‘troppo’ o nell’insulto religioso. Non sto dicendo che Biff sia delicato, o che rinunci a ricordare episodi che qualunque rispettoso cristiano cattolico considererebbe quantomeno azzardati e licenziosi. No, non dico questo. Il romanzo ha di sicuro pagine irriverenti e non sempre rispettose verso alcuni personaggi (bella la figura del padre, Giuseppe; a tratti macchiettistica Maria), che vengono sempre filtrati dallo sguardo e dei ragionamenti di Biff, che riportano a dimensione umana, umanissima, ciò che è per definizione divino.
Biff è un compagno d’infanzia di Gesù (il Cristo) che, per vari motivi da assaporare nei primissimi capitoli, si ritrova a scrivere il suo personale vangelo, tanto per coprire tutti quei particolari che gli altri noti evangelisti hanno deciso di trascurare: in primis, i trent’anni di vita precedenti alla vera e propria predicazione, con l’inserimento di particolari non propriamente appartenenti al canone riconosciuto e accettato. In questi trent’anni, o poco meno (Biff e Gesù si conoscono intorno a sei anni), c’è la vita qualunque di un villaggio della Galilea, di due ragazzini membri di famiglie numerose (non canonico) e povere, con un piccolo Gesù che fa divertire i fratellini (non canonico) e gli amici più piccoli (apocrifo) con la pluri-resurrezione di una lucertola (prova generale di ben altro). I due ragazzini conosceranno Maddi (Maria Maddalena), amata da entrambi ma concupita da uno solo, perché Gesù viene ben presto a sapere che per lui le donne rimarranno un mistero insondabile e si comporterà di conseguenza. E poi, via, con le monellerie, i ragionamenti, le scoperte di qualunque ragazzino di quell’età, che poi piano piano cresce e deve fare i conti con un Padre tanto esigente quanto lontano. Nel mezzo, i ragionamenti, le battute, i paradossi di Biff, le sue invenzioni linguistiche, e l’appoggio incondizionato a quello che lui conosce come Gesù, come Figlio di Dio, ma soprattutto come amico.
Si ride, soprattutto all’inizio, meno nella seconda parte, dove però rimangono godevoli le pagine dei pellegrinaggi dei due amici, la loro crescita sotto l’influenza delle più varie filosofie orientali o orientaleggianti, dove vengono guidati da un paio di tutor d’eccezione.
Per chi conosce bene i Vangeli, il plusvalore è dato dal riconoscere, nel bel mezzo di un racconto, la versione ufficiale, narrata oggi, che viene abilissimamente intrecciata con parole, fatti, persone, atteggiamenti ed eventi seri, ridicoli o drammatici, ma sempre messi lì a spiegare come mai, oggi, crediamo in certe cose o ricordiamo certe frasi. È come se Biff, nel suo racconto, ci facesse vedere tutti gli ingredienti (crusca e pula compresi) che nei secoli sono passati attraverso il vaglio e il setaccio dell’ufficialità e della saggezza e hanno originato la farina fine di cui sono fatti i Sinottici.
Per chi non conosce i Vangeli, la bellezza di una storia che è soprattutto, alla fin fine, una grande e forte vicenda d’amore totale e assoluto: che sia quello predicato da Gesù, quello custodito da Maddi, o quello che, nell’epilogo storicamente conosciuto, strazierà allo stremo quello che di Gesù è stato il più caro amico. Per lo meno nel Vangelo secondo Biff.

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