Di Elena Tagliaferri
Il pianto dei bambini… il punto critico dei genitori…
Finché il bambino è piccolo il suo pianto spesso ci intenerisce, facciamo ogni sorta di faccia buffa oppure cerchiamo di distrarlo in ogni modo per far tornare il sorriso sul suo dolce volto. Se piange di notte ci alziamo stanchi e invece di crollare ci prodighiamo per calmarlo. Poi nostro figlio cresce e arriva un momento nel quale, secondo noi deve capire, comprendere, comportarsi da grande. Già dai due anni, quando partono i primi capricci, la nostra attenzione magicamente si sposta dalla sua emozione… alla nostra! Siamo così concentrati su cosa questo pianto provoca in noi da perdere quasi il potere di calmarlo. Il pianto di nostro figlio spesso in noi provoca sentimenti di:
- Rabbia: “perché si comporta così?”, “Che figura mi fa fare…”, “adesso basta!”, “ci guardano tutti…”
- Impotenza: “non so più cosa fare con te!”, “ho provato in mille modi e reagisce sempre così”
- Frustrazione: “non sono bravo/a ad educarlo!”
- Preoccupazione: “se piange per questa cosa come farà ad affrontare cose più difficili?”
E l’elenco potrebbe continuare.
Presi dai nostri sentimenti siamo portati a ridicolizzare oppure minimizzare il suo pianto (“adesso smettila di fare tragedie!”… “Se piangi ti prenderanno tutti in giro”… “riderai quando sarai sposo”), a volte a reagire con forza (“adesso smettila sennò mi arrabbio davvero e vedrai che cosa succede!”).
Per cambiare la reazione di tuo figlio, per calmarlo, per guidarlo verso un nuovo modo di vedere e di reagire è necessario per prima cosa che sia tu a fare un passo verso di lui, comprendendo e accettando l’emozione che in quel momento tuo figlio esprime attraverso il pianto. Che sia la rabbia di un capriccio, la delusione, la risposta ad un “NO”, un modo per attirare l’attenzione… in quel momento è il pianto la reazione che tuo figlio ha scelto per esprimere il suo sentimento. La nostra sfida è uscire dalle nostre di emozioni entrando in punta di piedi in quelle di nostro figlio, senza chiedergli perché reagisce così. Forse in quel momento è l’unico modo che conosce, forse in passato ha funzionato, ma il perché non ha importanza dato che il nostro obiettivo è quello di guidarlo verso un comportamento diverso. Questo non significa approvare il comportamento o la reazione. Significa soltanto farlo sentire compreso e ascoltato. Si può comprendere in tanti modi, con un abbraccio, con una semplice frase “mi dispiace che questa cosa ti faccia piangere…”
Accetteresti un consiglio o un insegnamento da chi non dimostra il minimo interesse per voi e per come vi sentite? Personalmente no. E perché lo stesso non dovrebbe valere per tuo figlio?
Soltanto dopo che avrai dimostrato di capire e accettare il suo pianto e l’emozione che esprime potrai suggerirgli un modo diverso di reagire e di affrontare la situazione.