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Che fai qui? alzati, rifà la strada

Creato il 21 marzo 2015 da Massimo704

CHE FAI QUI? ALZATI, RIFA’ LA STRADA

Cos’è che ti morde l’anima? Perché sei afflitto? Perché ti sei fermato?

CHE FAI QUI? ALZATI, RIFÀ LA STRADA

Gli fu rivolta la parola del Signore, in questi termini: “Che fai qui, Elia?” (1Re19:9). È la domanda che Dio rivolge al Suo servo Elia, il profeta del “fuoco”, un uomo potentemente usato da Dio, ma ora perduto in un momento di crisi. Con questa domanda l’Eterno stava dicendo: “Cos’è che ti morde l’anima? Perché sei afflitto? Perché ti sei fermato?” In questo modo Dio va incontro a un uomo davvero in difficoltà, provato e vinto dalla paura, dallo scoraggiamento, dalla sensazione di un totale fallimento, un uomo vittima di un disturbo dell’essere che porta a una bassa autostima e ad una crescente consapevolezza di sconfitta. La sua anima è malata e ha urgentemente bisogno di cure adatte.

Il cancro dell’anima
Hai mai vissuto la depressione? Sei mai stato così afflitto e perplesso da rimanere sveglio tutta la notte? Hai mai avuto momenti in cui ti sei sentito così giù e preoccupato, che nessuno ha saputo consolarti? Sei mai stato così abbattuto da sentirti sul punto di mollare tutto, pensando che la tua vita fosse finita? Ti sei mai sentito abbandonato da tutto e tutti realizzando il soffocamento della gioia di vivere? Sei hai provato questa contorta sensazione, benvenuto nel club degli “amici di Elia”. Credo che ciascuno di noi, almeno in parte, conosca per esperienza i sintomi della depressione. Il Salmo 42 ce ne dà un esempio perfetto: tristezza, inappetenza, pianto, angoscia, ansia, timore, afflizione, sconforto, scoraggiamento, sfiducia, infelicità, inquietudine… E tutto ciò sembra essere scritto a caratteri cubitali sul volto di chi li vive. Non mi sto riferendo a quelli che hanno dei problemi fisici o una malattia mentale, sto parlando di quelli che avvertono un malessere che si attacca alla vita, di chi indipendentemente dalla ricchezza che possiede, dalla notorietà, dalla fama, dal grado di cultura, pensa di avere il controllo totale su tutto. Parlo di chi pensa di avere la capacità di gestire le debolezze, i vizi, le tempeste che si abbattono periodicamente sulle nostre case a volte fatiscenti e già usurate dalle complicazioni della vita. Parlo di chi dimentica di essere polvere animata bisognosa di energie divine e confida sulle proprie forze finendo per soccombere rovinosamente.
Da uno studio è emerso sorprendentemente che ogni essere umano almeno una volta nella vita passa per il tunnel della depressione. Ma quello che è sconcertante è che quattro persone su dieci non riuescono a vedere con facilità la luce alla fine del tunnel. Per questo lo stato psico-fisico della depressione è definito il cancro dell’anima. Molteplici sono le cause che portano nella valle della disperazione: la perdita del lavoro, una tragedia familiare, i debiti per un crollo economico imprevisto o semplicemente una delusione sentimentale. Questa condizione triste e pericolosa colpisce la mente, abbatte il fisico e ferisce profondamente l’animo a tal punto da essere sopraffatti e non riuscire a vedere oltre la disperazione. Il profeta implorò Dio di farlo morire, altri invece fanno da soli. Quando la speranza si allontana senza possibilità di recupero, lascia il posto a una soluzione… farsi del male. “Un cuore allegro è un buon rimedio, ma uno spirito abbattuto fiacca le ossa” (Prov.17:22).

Il grido dell’anima
Molti si domandano se sia possibile che un credente possa cadere vittima di questa infausta condizione. Ebbene da una lettura attenta di alcuni salmi è evidente che Davide visse questo malessere, lo stesso Asaf, il provato Giobbe, per non parlare di coloro che si sono smarriti nell’incredulità e hanno vissuto ai margini della depressione. “Perché t’abbatti anima mia? Perché ti commuovi in me?“ (Salmo 42). Tutto sarà chiaro se comprendiamo che il Signore spesso permette questo momento buio, questa prova così dolorosa, per il suo scopo glorioso. Qual è questo scopo? Fortificare la nostra fede, provare la consolazione dello Spirito Santo per acquistare la certezza della guida e del sostegno di Dio in ogni tempo. Sia chiaro che in questa nefasta condizione Dio non ci lascia soli. “Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me” (Salmo 23:4). In ogni uomo è l’istinto della sopravvivenza che spinge a gridare soccorso, a manifestare il bisogno di essere sostenuti nei momenti di difficoltà. Il problema è a chi indirizzare il grido dell’anima. Verso chi è lanciato l’SOS del cuore affranto? In una società egoista e impegnata nella soddisfazione dei propri desideri il grido d’aiuto di tanti cade nell’indifferenza assoluta. Non è così per chi si rivolge a Dio: il nostro padre celeste è attento e desidera essere coinvolto nelle difficoltà della nostra vita. Una promessa di Dio è emblematica e traduce questa volontà divina: “…Invocami nel giorno della sventura; io ti salverò, e tu mi glorificherai.” (Salmo 50:15). Egli non rifiuta nessuno e accoglie tutti quelli che L’invocano con tutto il cuore con azioni evidenti di rinnovo fisico, morale e soprattutto spirituale. “Quest’afflitto ha gridato, e il Signore l’ha esaudito; l’ha salvato da tutte le sue disgrazie” (Salmo 34:6). Qualche secolo più tardi, Gesù, sapendo che tutti possiamo cadere in questa trappola infernale, aprirà la porta della liberazione, lancerà un’àncora di salvezza per i disperati, rivolgendosi con forza a tutte le generazioni nei secoli dei secoli: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo; …e voi troverete riposo alle anime vostre” (Matteo 11:28).

La salvezza dell’anima
Dio è davvero l’unica via d’uscita e nessuno è privato della possibilità di chiedere aiuto; il Suo amore riscalda i cuori e la gioia del Signore crea nell’anima un’oasi di felicità, acqua dissetante e vitale nel cuore arido. È determinante l’azione del nostro amato Salvatore che prende i pesi che schiacciano l’intero essere e permette allo sventurato di rialzarsi e rialzare il capo, riprendendo così con forza il cammino della vita.
“Che fai qui Elia?” è l’approccio di Dio con il cuore del suo servo, è il modo di agire del supremo dottore nei confronti del servo malato. Non è il riprovero di un Dio adirato, ma di un Dio misericordioso e comprensivo che deve ridare forza e vitalità. È la capacità soprannaturale del creatore di trasformare in gioia il dolore e in canti di letizia il lutto funesto, di dare un valore formativo alla disavventura e di permettere alla fine di uscire dal fuoco vittoriosi e trionfanti.
“Perché ti abbatti, anima mia? Perché ti agiti in me? Spera in Dio, perché lo celebrerò ancora; egli è il mio salvatore e il mio Dio” (Salmo 42).
Caro amico, se come Elia stai attraversando questo momento così tenebroso e oscuro, Dio non ti ha dimenticato; le parole del salmista accolte nel profondo del cuore sapranno sicuramente lenire le tue sofferenze e allontanare ogni dubbio riguardo alla salvezza divina. “Poiché tu ci hai messi alla prova, o Dio, tu ci hai raffinati come si raffina l’argento. Ci hai fatti cadere nella rete, hai posto un grave peso sui nostri lombi. Hai fatto cavalcare gli uomini sul nostro capo, siamo passati attraverso il fuoco e l’acqua, ma tu ci hai tratto fuori in luogo di refrigerio… Ma Dio mi ha ascoltato e ha prestato attenzione alla voce della mia preghiera. Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera e non mi ha negato la sua benignità” (Salmo 66:10-12, 19-20).
Dario Iazzetta. by Chiese Cristiane Evangeliche Assemblee di Dio in Italia


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