Magazine Cinema
Durata: 134'
La trama (con parole mie): Baby Jane Hudson è la tipica bambina prodigio, protagonista di uno spettacolo tutto esaurito che porta avanti spalleggiata dal padre, e che tiranneggia sull'intera famiglia, a partire dalla sorella Blanche. Quando l'avvento del Cinema ribalta i ruoli e vent'anni dopo all'insuccesso di Jane corrisponde l'ascesa inarrestabile di Blanche, il destino interviene nella vita delle due donne a seguito di un tragico incidente a causa del quale Blanche perde l'uso delle gambe e si trova costretta a ritirarsi dalle scene, vivendo accanto a Jane - che si sospetta essere la responsabile dell'accaduto - un tormento quotidiano che la vede praticamente prigioniera.L'escalation violenta dell'ex bambina prodigio porta ad un esarcerbarsi del conflitto tra le due, che culminerà in una rivelazione tinta di sangue che potrebbe portare alla luce del sole altri scheletri tenuti nell'armadio dalle Hudson.
Robert Aldrich, parlando di Cinema USA, è senza dubbio uno dei registi più tosti e cattivi che il panorama old school abbia offerto al pubblico, nonchè uno dei più ammirati dal sottoscritto fin dai tempi della prima visione del Capolavoro Un bacio e una pistola, uno dei film più importanti della mia storia di spettatore che prima o poi deciderò di affrontare anche qui al Saloon: approfittando, dopo anni trascorsi dall'ultima visione, di un regalo di mio fratello, ho riesumato Che fine ha fatto Baby Jane?, titolo mitico che un decennio dopo l'altro è divenuto una sorta di icona della cultura pop, nonchè uno dei noir dal più vasto seguito di pubblico dopo le perle di Hitchcock.
Impreziosito da un bianco e nero pazzesco e dalle interpretazioni da urlo - in tutti i sensi - di Joan Crawford e Bette Davis, il lavoro di Aldrich raccoglie in qualche modo il testimone di Viale del tramonto di Billy Wilder mescolandolo ad un'atmosfera tesa e morbosa come quella che fungerà da spina dorsale all'ottimo Misery non deve morire di Rob Reiner di una trentina d'anni dopo, guidando lo spettatore attraverso una storia che tocca temi come la famiglia, il disagio mentale, la vendetta, la gelosia, il rimpianto, l'incapacità di prendere coscienza di un tempo che è passato portandosi via la gloria ed il successo.
Il rapporto conflittuale tra le due sorelle più agguerrite del grande schermo, oltre ad essere decenni avanti rispetto ai tempi dell'uscita - soltanto La morte corre sul fiume e Il corridoio della paura, a mio parere, osarono tanto all'epoca -, fornì uno degli esempi più importanti che il thriller ed il grottesco abbiano mai regalato al pubblico, costruendo una vicenda ambientata principalmente tra le mura di casa Hudson ma non per questo meno tesa ed inquietante, in grado di alimentare la tensione ad ogni ritorno a casa di Jane o tentativo di Blanche di liberarsi dal giogo della sorella - che regala momenti agghiaccianti come il pappagallo servito per pranzo o il confronto con le bambole che la raffiguravano ai tempi d'oro del successo -: la vicenda dei bambini prodigio finiti nel dimenticatoio - affrontata con sensibilità adeguata quasi quarant'anni dopo soltanto da Paul Thomas Anderson in Magnolia -, unita all'astio alimentato da anni di soprusi tra le due sorelle e culminato con il twist e la rivelazione conclusivi contribuiscono a solidificare le fondamenta di uno dei Classici più importanti del Cinema a stelle e strisce, riflessione amarissima sulla decadenza - morale e fisica - nonchè sulle bassezze delle quali gli esseri umani sono capaci, spesso quanto più in alto sono riusciti ad arrivare, quando l'intenzione è quella di tornare sulla cresta dell'onda.
Ed il prezzo pagato da Blanche pare essere comunque poca cosa rispetto all'acredine alimentatasi fin dall'infanzia ed in grado di rendere queste donne profondamente disturbate e disturbanti due dei volti più importanti che la settima arte abbia potuto concepire, portati in scena da un regista che non ebbe mai paura di prendersi anche soltanto un rischio in più: le stesse attrici, interpreti note per essere l'una il volto dell'eroina e l'altra della follia espressa da due occhi divenuti un simbolo - nonchè una delle canzoni più belle degli anni ottanta, Bette Davis eyes -, hanno avuto il grande merito di calarsi in due ruoli complessi e sofferti riuscendo a portare in scena il meglio che gli stessi potessero offrire, definendo due ritratti di terrificante disagio e profondissima umanità.
MrFord
"And she talks like you and she smells almost like youa child of the wild just like youbut she's not all youeven strives not to be youjust like every sister would do."Pain of salvation - "Sisters" -
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