La prima cosa che sento sono i rumori, quelli che vengono dall'alto, dal lucernaio misto a cemento che ho sopra la testa: sono i passi frettolosi e le voci dei passanti di un pomeriggio uggioso.
Sopra, infatti, c'è Piazza Oberdan, a due passi da Porta Venezia. Sopra, sono nella Milano di inizio 2016. Ma noi, sotto, siamo tornati indietro nel tempo. Ho appena percorso una rampa di scale che normalmente porta giù in metropolitana, ma un attimo prima sono entrata in una porticina a destra normalmente chiusa da una saracinesca. Sono appena entrata nell'Albergo Diurno Venezia, e l'ho fatto con un gruppo di venti persone: fanno parte della community locale degli Instagramers, Igers Milano, e l'occasione è preziosa: grazie al Fai Fondo Ambiente Italiano, infatti, stiamo visitando uno dei luoghi segreti di Milano. Un luogo che è rimasto a lungo chiuso nel degrado ma che finalmente, sotto le cure del Fai, si spera possa tornare a splendere.
Ecco di cosa vi voglio parlare oggi, non di libri ma di un luogo molto particolare. Se siete di Milano e dintorni, ne avrete sicuramente sentito parlare. Per me, milanese adottata, scoprirne l'esistenza, proprio sotto quei marciapiedi di cemento che percorrevo praticamente ogni giorno, è stato uno stupore non da poco.
La prima volta che ne ho sentito parlare è stato solo un paio di anni fa, grazie a Paolo Melissi e alla sua passeggiata d'autore dedicata proprio ai segreti del quartiere Liberty di Milano.
L' Albergo Diurno Venezia è un grande spazio sotterraneo con un salone, su cui si affacciavano le " botteghe" e un'area dedicata a igiene e benessere. Fu progettato dall' architetto Piero Portaluppi e realizzato tra il 1923 ed il 1925. Serviva alle esigenze di viaggiatori di passaggio e non solo. Ospitava il barbiere e la manicure, l'agenzia viaggi e il fotografo, e poi i bagni pubblici semplici con doccia e le terme deluxe con la vasca da bagno. Era stato chiuso definitivamente dopo decenni di abbandono nel 2006, e circa tre anni fa è finalmente passato sotto le cure del Fai, che l'ha "ripulito" e reso visitabile e ora punta ad un progetto per restituirgli " vita ".
" Ora che vi guarderete intorno osservatene la bellezza ma tenete in mente anche un'altra cosa - ci dicono i responsabili del Fai quando facciamo ingresso nel grande salone -: siete in un luogo che ha compiuto novant'anni, e immaginate quante persone e quante storie sono passate da qui. Pensateci".
E' vero, questo luogo racconta storie. Qualcuna probabilmente se la ricordano ancora i milanesi più anziani che hanno avuto occasione di viverlo, le altre si sono perse indietro negli anni e a noi tocca il piacere di immaginarle.
L'Albergo Diurno Venezia è una moderna Pompei senza la cenere, il set abbandonato di una pellicola anni '50.
C'è la cassa, con l'ultimo listino prezzi rimasto affisso. Ci sono le poltrone del barbiere, gli specchi rovinati dal tempo, le vasche da bagno corrose dal calcare.
Gli arredi mancano quasi tutti e chissà qual è stato il loro destino. E una mano, frettolosa a tratti, e forse troppo invadente in altri, gli ha inevitabilmente cambiato volto, forse per sempre.
Se anche voi volete visitarlo, avete ancora due occasioni a disposizione: domani 16 gennaio e sabato prossimo, 23 gennaio. Non è possibile prenotare la visita, l'ingresso è consentito per gruppi di 20 visitatori accompagnati ogni 30 minuti, disponibilità di posti limitata a partire dalle ore 10.15 fino alle 17.45.
A partire dalle ore 10.00 al banco accoglienza sarà possibile ricevere l'accredito di ingresso per la giornata stessa, fino ad esaurimento posti.
Si entra dalla scala di accesso alla Stazione di Porta Venezia, Corso Buenos Aires, sul lato di Piazza Oberdan.
Io intanto sono qui, mi guardo intorno, sbircio i dettagli, scatto foto, ovviamente. Ma sono praticamente persa nella magia nel luogo e solo dopo mi accorgo che alla fine, queste foto, non sono certo dei capolavori: scure, imperfette, qualcuna anche un po' fuori fuoco. Mi arrabbio, ma poi ci ripenso, va bene così, calzano a pennello a questo luogo, alla sua penombra. Anche lui a suo modo imperfetto, segnato dagli anni e dall'incuria di mani poco lungimiranti. Ma rimane il fascino di un giardino segreto.