di Nico Grilloni. Da quasi quattro anni, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i marò che per il Governo indiano sono colpevoli dell’uccisione di due pescatori imbarcati su un peschereccio al largo della costa dell’India occidentale, sono ancora nelle mani della giustizia (?) di quel paese. Ed è quantomeno sorprendente che il nostro governo, sì, il governo renziano, non ne faccia mai neppure breve cenno. E ovviamente, non ne fa cenno anche buona parte della stampa italiana o, perlomeno, di quella copiosa parte della nostra stampa che, essendo affettuosamente embedded col capo del nostro governo, si allinea, com’è ormai consuetudine, ai silenzi del capo.
Il comportamento, tanto dell’esecutivo italiano quanto dei mezzi nazionali di informazione, è particolarmente colpevole – direi indecente – se solo si pensa che secondo una valida teoria, il sopravvenuto silenzio di quotidiani, radio e televisione su alcuni problemi, significa, per la pubblica opinione, che quei problemi sono stati risolti.
E invece non è così. Su entrambi i nostri fucilieri della Marina è ancora pendente il verdetto di una corte di Giustizia indiana che sembra stia giocando con l’Italia come il gatto col topo.
Nella storia, anche non lontana, l’Italia ha vissuto parecchie crisi nei rapporti con altri paesi ma, bene o meno bene, quelle crisi sono state portate a soluzione e spesso in tempi brevi. Magari, sebbene sempre negato da parte dell’establishment, pagando fior di quattrini come corrispettivo dell’accordo. E l’elenco dei salvataggi compiuti dai nostri governi di giornalisti, giornaliste, volontari e volontarie ecc. ecc. sarebbe ben lungo.
Ma sui due fucilieri della nostra Marina la vicenda, ben lungi dal giungere a soluzione, si è via via ingarbugliata nonostante la famiglie dei due pescatori si siano spartite un indennizzo di circa 300mila euro e nonostante il verdetto dell’esame autoptico abbia escluso che i proiettili omicidi siano stati sparati dalle armi in dotazione ai marò. E allora?
Allora questa situazione di vergognoso stallo può essere attribuita solo, soltanto ed esclusivamente all’entità del prestigio di cui gode il governo renziano, Entità, evidentemente, del tutto trascurabile. Lo so, lo so, i renziani diranno adesso che neppure i precedenti governi sono riusciti a sottrarre i marò a questa penosa situazione. È verissimo. Ma nessuno dei governi precedenti è salito in cassetta suonando inni di rinnovamento strategico nei rapporti internazionali, esprimendo un giorno sì e l’altro pure, allocuzioni di ritrovata dignità e di recuperato prestigio interno ed estero del nostro paese.
Perché mi pare sia chiaro: se l’unità di riferimento del nostro profilo nello scacchiere internazionale è da confrontarsi con la vicenda dei marò, ossia, con diverse parole, se il prestigio italico trova corrispondenza nella strafottenza fin qui espressa dal governo di Nuova Delhi, beh, credo ci sia poco da dire.
Credo invece che Renzi avrebbe molto da dire. E dovrebbe dire. Il premier (di chi?) dovrebbe infatti spiegare l’assenza nei suoi mirabolanti programmi – fin qui più sulla carta che nel concreto – del benché minimo cenno alla sorte dei nostri fucilieri ed esporre le eventuali strategie poste in essere per chiudere quest’annosa vicenda. Ma lui, il premier (di chi?), evita astutamente di prendere l’argomento.
E allora sarebbe necessario che qualche giornalista, nelle tante conferenze stampa nelle quali il leader maximo si pavoneggia con dichiarazioni che fanno tanto pensare ad un ritorno a un’Italia ducesca, gli ponesse domanda specifica sui marò. Ma è forse pretendere troppo nella condizione in cui oggi versa buona parte del giornalismo italiano.