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"Che ora è" di Ettore Scola

Creato il 15 novembre 2011 da Abattoir

martedì 15 novembre 2011 di Michele Scarpinato

Locandina del film

“Che ora è” è uno degli ultimi film con Massimo Troisi, così sconosciuto ai più che non si trovano neanche molti sketch su Youtube, forse per il fatto che questo non è un film comico, ma, a mio avviso, è il film dove meglio si esprime la teatralità di Troisi, per i più etichettato come attore comico.

Durante questo film si sorride molto, ma è un sorriso amaro, malinconico, dovuto alla storia che racconta in modo minimalistico ed essenziale del rapporto padre-figlio.

Il padre, interpretato da Mastroianni, è un facoltoso avvocato romano che decide di andare a trovare il figlio (Troisi) nel suo giorno di licenza militare a Civitavecchia, cittadina di pescatori non molto lontana da Roma, dai ritmi più umili che modesti. Mastroianni cerca di recuperare in una giornata il rapporto con il figlio che si era perso nel tempo inseguendo la fama e il successo che sperava di proiettare nel figlio, che invece trova più entusiasmo nel ricevere dal padre l’antico orologio da taschino del nonno ferroviere che l’attico in centro e l’auto sportiva che il padre aveva annunciato di voler comprare per lui, prima di dargli questo vecchio orologio, che sarà il mezzo con cui partirà il lazzo del “che ora è”. 

Il rapporto padre-figlio descritto, quindi, non è raccontato in modo superficiale, in cui si possa riconoscere qualsiasi figlio, ma solo coloro che sentono il piacere per le piccole cose, semplici, senza odio o rancore per il padre, ma solo soggezione.
Lo scontro tra il padre e il figlio quindi è uno scontro tra spiriti diversi, più che il solito scontro generazionale; Troisi è un ragazzo riflessivo, introverso, che trova affascinante il racconto del padre che ricorda come durante la guerra la propria madre sotto i bombardamenti pensava ai figli e ai sei cucchiaini d’argento. Mentre per il padre è un racconto sul quale ridere, per il figlio invece c’è da ridere poco e riflettere di più, anzi c’è da riflettere proprio sulle risa del padre per cui i sei cucchiaini d’argento erano cosa di poco valore, mentre il figlio capisce che il valore di quei cucchiaini non sta nell’essere sei o di argento, ma nel dare importanza a piccole cose, cose che lamenta (già nell’89) non esserci più. L’uomo vuole sempre di più, non sa accontentarsi, e in questa critica sembra descrivere il padre.

Michele, il personaggio rappresentato da Troisi, non ha un vero progetto per il suo futuro, ha una laurea in lettere solo per piacere e non, come pensa il padre, solo per il fine di fare lo scrittore e nemmeno vuole tornare a Roma, nell’attico che il padre gli ha comprato, perché a lui non piace frequentare i café con la gente che conta, tutti agganci del padre, ma preferisce passare il suo tempo libero a giocare con un vecchio bibliotecario o a fare caffé a gratis nel bar del porto frequentato da pescatori i quali hanno ognuno una loro storia intrigante, da veri lupi di mare.

Nel racconto che si svolge nell’arco di una giornata (quella appunto di licenza del militare), il padre cerca di conquistare suo figlio e di conoscerlo disperatamente, risultando spesso anche patetico fino a far pena. Un padre che ha bisogno di recuperare quel rapporto che non potrà ricucire mai a causa della diversità delle due personalità. Un padre che si scopre poi per alcuni versi simile al figlio e pronto a giocare con lui in quel gioco difficilissimo che il figlio credeva poter fare solo con l’amico bibliotecario o anche mettersi in gioco sedendosi su un dondolo per parlare con il figlio.

Questo film forse è rimasto nel dimenticatoio perché il pubblico non ha trovato quello che si aspettava, né un comico Troisi né il classico conflitto generazionale  padre-figlio. E non ci ha trovato nemmeno se stesso perché l’essenzialismo esistenziale, il carattere intimistico di Troisi, negli anni ‘90 non trova spazio, in una società in cui i cucchiaini d’argento avevano importanza per la nonna, ma non più per noi e un vecchio orologio ci può portare indietro nel tempo per qualche minuto, poi si infila in un cassetto e arrivvederci in primavera, quando riapriremo il cassetto per fare il cambio di stagione.

 



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