… che senso ha avuto, che senso abbiamo?…

Creato il 31 maggio 2011 da Massimo Ciani

Dialogo su Helle Busacca con Serena Manfrida*
a cura di Costanza Bucci

Ciao Serena, grazie di essere così disponibile a rispondere ad alcune domande per i nostri lettori e così gentile da parlare con noi sul tuo volume dedicato alla poetessa Helle Busacca.

Grazie a voi, piuttosto, per darmi un’ulteriore occasione per parlarne. Purtroppo sono molte le voci letterarie di grande forza e originalità rimaste tuttora sommerse o dimenticate, e quello della Busacca ne è, credo, un clamoroso esempio. L’intento primario di questo volume è proprio quello di far conoscere il valore della sua opera, che aspetta ancora un pieno riconoscimento.

Per chi non la conoscesse chi è Helle Busacca?

Helle Busacca, poetessa e scrittrice di origini siciliane apprezzata fra gli altri da Eugenio Montale, Oreste Macrì, Mario Luzi, si rivela una personalità veramente complessa e affascinante nel panorama letterario italiano del Novecento, per la potente energia della sua parola poetica, la capacità di mescolare registri diversi fondendo la cultura classica con l’attualità e la fiera identità fra vita e opera.

Come mai e come è nata una monografia sulla poetessa Helle Busacca?

Su Helle Busacca ho scritto la mia tesi di laurea, documentandomi in gran parte presso il Fondo intitolato alla poetessa e custodito presso l’Archivio di Stato di Firenze; in seguito ho avuto modo di parlarne in convegni e incontri, riscontrando un grande interesse per questa figura così atipica e carismatica. Da qui il progetto, sostenuto dall’Associazione Archivio per la Memoria e la Scrittura delle Donne e dall’Assessorato alle Pari Opportunità della Provincia di Firenze, di una monografia che delineasse un ritratto di questa artista e ne presentasse il percorso poetico, così.

Helle Busacca usava la poesia come strumento di denuncia sociale come se fosse un grido di accusa, verso cosa e per quale motivo?

Dalla morte per suicidio del fratello Aldo, avvenuta nel 1965, la poesia di Helle Busacca subisce una brusca svolta, si stacca nettamente dai versi malinconici e le atmosfere rarefatte delle prime raccolte poetiche per farsi grido di rabbia e dolore verso un mondo capace di schiacciare gli ideali più puri dell’uomo al punto da rendergli preferibile andarsene per sempre. L’accusa è verso una società sorda e insensibile al punto da diventare “assassina”, ma anche, e spietatamente, verso se stessa, per non aver capito fino in fondo il dramma del fratello.

Nella poesia di Helle Busacca è possibile riscontrare una particolare violenza alternata a una straziante dolcezza, questo denota una persona non equilibrata ma in contrasto con se stessa. Può approfondire questo concetto?

In Helle Busacca convivono due polarità opposte: una rabbia profonda e spesso gridata, una disperazione furente, e una vena contemplativa, che si rivela inaspettatamente in sprazzi di luce improvvisi, come le immagini delle amatissime rose, e che tiene sempre aperta in lei, al di là delle sua professione di fede materialista e del suo amaro scetticismo, la fiducia nel valore assoluto della poesia. Forse è proprio la continua tensione fra questi due poli a rendere la sua opera così toccante, così viva e struggente.

La stessa poetessa definisce: « mi accorgo che, prosa o poesia, quasi tutti i miei scritti sono scritti di guerra, dove chi cercasse la lirica pura perderebbe tempo. [...] La poesia è il culmine delle infinite stratificazioni che dal primo bang ci hanno creati come siamo: per questo, a memoria d’uomo, possiamo “ritrovarci” in essa: dove non ci ritroviamo non c’è poesia.»

Questa è davvero una citazione fondamentale, perché pone l’accento su uno dei lati più importanti della poetica di Helle Busacca. Il valore assoluto della poesia in cui non smise mai di credere consisteva per lei proprio in questo: nella capacità di unire le anime, far risuonare una corda cui rispondessero le vibrazioni di altre. Poesia, insomma, come atto di fede sociale, come volontà di far giungere il proprio messaggio a chi legga in esso la testimonianza di un’avventura umana in cui riconoscersi e ritrovarsi; poesia guerriera, in quanto porta avanti un messaggio di vibrante denuncia, senza temere di infrangere convenzioni e luoghi comuni.

Il titolo del suo volume, “La scala ripida verso le stelle”, allude a qualcosa?

Nel titolo ho voluto riprendere un’espressione tratta da alcuni appunti di mano di Aldo, fratello della Busacca, e da lei citata nei Quanti del suicidio. Essa vuole indicare la ricerca continua dell’Assoluto, di un ideale di purezza e giustizia infranto nello scontro con una realtà intollerabile.

Cosa rappresenta per te Helle Busacca?

Per me è molto difficile definire il rapporto che si è venuto a creare fra me e la poetessa durante questi anni che ho dedicato allo studio della sua opera e della sua figura…per un critico l’equilibrio fra coinvolgimento emotivo e necessario distacco, se così si può chiamare, dall’autore di cui si occupa è sempre molto delicato…Posso dire però che è stata indubbiamente una donna e artista eccezionale, talvolta sopra le righe, eccessiva, completamente assorbita dal suo personaggio tragico, ma dotata di una capacità unica di offrirsi interamente al lettore, di compromettersi, di mettere in gioco se stessa e la sua dolorosa esperienza umana che rende l’incontro con la sua opera un’esperienza indimenticabile.

Ti ringrazio a nome di tutti i lettori per la gentilezza e il tempo che ci hai concesso.
Grazie a te, Costanza, per  questa intervista che rappresenta una ulteriore occasione per far conoscere Helle Busacca a un numero sempre maggiore di lettori, nella speranza che il suo “messaggio verso le stelle” sia finalmente accolto e apprezzato come merita.

L’intevista sarà pubblicata su Criticaletteraria il prossimo 3 giugno.

*Serena Manfrida ha pubblicato numerosi racconti e poesie, raccolti in volume o apparsi in antologie, ricevendo premi in concorsi letterari nazionali e internazionali. E’ autrice per Sef della monografia Helle Busacca, la scala ripida verso le stelle.


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