Omonimo di un altro film di Daniel Coen, Chef è una favola metropolitana, a tratti un po' stucchevole, sempre prevedibile, ma non per questo priva di una sua freschezza e di una sua genuina simpatia. Leggero, vivace, con spunti sentimentali a tratti malinconici, Chef è un film che tocca un'infinità di temi molto interessanti, in primis le dinamiche della famiglia contemporanea e l'uso dei social media. Sul primo aspetto come sul secondo non mi sembra che Jon Favreau abbia niente di nuovo da dire, eppure lo dice benissimo. Gli affetti sono delineati con una certa scultorea mancanza di problematica: le difficoltà affettive, le inconcludenze e le contraddizioni emotive e non fanno il paio con una difficoltà di esprimersi (sul piano professionale e artistico e su quello umano) e sulla mancanza di comunicazione.Rispetto a questo, d'altra parte, supplice la strepitosa disinvoltura con cui il piccolo Percy padroneggia i nuovi mezzi di comunicazione "virale", come Twitter e Youtube. Al cinguettio poetico degli uccelli si sostituisce ironicamente l'allegro sfarfallare dei tweet per lo schermo con colori delicati e un uso giocoso e immaginifico dei dialoghi. Migliore pubblicità per il social network non si sarebbe potuto realizzare, tanto che già durante la pausa in molti abbiamo avvertito l'urgenza di controllare le novità sui nostri accounts. Rimane il fatto che il confronto sensazionalista, impersonale e compulsivo di Twitter si sovrappone a quello autentico e più discreto tra persona e persona. Si sovrappone, dicevo, non sostituisce: se non riesce a fondersi, trova comunque il modo di crescere insieme, di interlacciarsi, di maturare a sua volta.
Film (per una buona metà) on the road, Chef è senz'altro un progetto ambizioso, che non vorrebbe lasciare nulla di intentato, ma soffre di una scrittura qua e là lacunosa e di uno sviluppo narrativo molto povero e privo di fantasia, a volte proprio per il suo desiderio di scavare nel sentimento. Trovo che le parti più belle siano semmai in quelle rapidissime scene "rubate", in singole espressioni del viso (specie del giovanissimo Emjay Anthony) o in qualche battuta ben assestata. Chef di Jon Favreau è un film tenero di "tocchi", di gradevoli e utili spunti di riflessione che non sfigurerebbe affatto in un cineforum all'attenzione di spettatori attenti e desiderosi di confrontarsi.





