No, forse sarà possibile individuarlo meglio nelle parole che una volta scrisse Niklaus: «Mio fratello è coraggioso e allegro. Non mangia volentieri la carne. Mio padre dice, devi mangiare la carne, altrimenti sarai punito. Ma lui non la mangia, eppure non viene puntio. Fine!»
Certo, qualcosa è successo: e Goody e Niklaus si sono quasi persi. Il lettore li insegue tra le parole, nella narrazione lenta e misteriosa che li avvolge, alla ricerca di indizi per capire quando tutto comincia, oltre le ultime parole. Chi balla Šostakovič (pubblicato in italiano da Casagrande, Bellinzona 2004) è un racconto insieme evocativo ed evasivo: sembra echeggiare, risuona di colori magnifici, nelle sue tortuosità sintattiche e concettuali. Jörg Steiner prova a inseguire il senso della realtà di Goody, il custode originalissimo di un quasi deserto museo della preistoria, eppure il lettore quasi indietreggia, colpito non dal suo relativismo, quanto dal suo cangiante umore.
Chi balla Šostakovič è un romanzo di confidenze, di sguardi, dove i personaggi hanno nomi diversi a seconda di chi ne parla: così Eisinger, l'uomo in fuga di Steiner, è Goody per il fratello Niklaus, il cui nome ci è noto solo dalla bocca del protagonista. Una storia prismatica ed incandescente, ma che brucia pianissimo, nel sabba di una sera, quando la musica era troppo alta e qualcuno, pensa un po', volteggiava ebbro davanti alle finestre spalancate di un'estate. Ma chi mai balla Šostakovič?