Nascono e muoiono in tempi brevi i negozi “compro Oro, vendo Oro, cerco Oro”, i più abili mettono in mostra a quanto comprano e a quanto vendono (7-8€ di differenza) diventando una specie , ma che brutta specie, di monte dei pegni.
Siccome il denaro è sicuramente un bene/male di cui si dovrebbe limitarne l’esaltazione ho preso a pretesto questo significato per illustrarvi un antico liquore pescarese e ora prodotto a Castel Sant’Angelo dove si è trasferita l’industria ,ma non ci metto la mano sull’oro che vi rimanga in quanto la proprietà L’ILVA di Saronno (il famoso Amaretto) dal giornale di Pescara nel maggio riportava:
L’azienda ha purtroppo ribadito di non voler vendere il marchio ad imprenditori locali, ed è intenzionata a chiudere lo stabilimento per trasferirlo a Saronno, nonostante il sito pescarese sia in attivo e vitale.
E’ un alcolato di bucce di agrumi affinato in botti di rovere (così viene descritto dagli antichi del primo novecento) ed è collegato a quel bel tipetto di Gabriele D’Annunzio che non si faceva mancar niente.
Nasce nel 1914 ad opera di chi allora faceva alchimie con erbe , il farmacista pescarese Amedeo Pompilio. Con un testimonial come il grande vate e le amicizie focose, il liquore contribuiva al riscaldamento a fine pasto, quindi massimo sviluppo negli anni dal 1940 ai primi del 60!
Una gradazione di 40° e si utilizzavano (utilizzano?) bucce di arancio varietà “portogalle o comunemente detta a.dolce” con mandarino e poco limone, macerato a freddo in alcool a 95° per 12 giorni e dopo, con distillazione si otteneva la base per l’Aurum.
Con l’aggiunta di un pò di distillato di vino si metteva il tutto per 3 anni in botti di rovere, poi filtraggio e finalmente in bottiglia. (Ma ora sarà ancora così con questi tempi così veloci e i palati meno consapevoli di se stessi e più accondiscendenti alle varie guide?).
Ce la farà a rimanere in Abruzzo , visto che è un prodotto identitario!
Ecco l’etichetta del ’900!
L’immagine iniziale , semplicità e genuinità di un tempo
E oggi per acquistarla..