Chi di voi è senza peccato, .... (5° Domenica di Quaresima)

Creato il 16 marzo 2013 da Ambrogio Ponzi @lucecolore

17 marzo 2013

5° DOMENICA QUARESIMA ANNO C
Vangelo Gv 8,1-11
Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei.

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
- Parola del Signore
RIFLESSIONI
Ripercorriamo il Vangelo in tutte le sue tappe per cogliere il messaggio che ci propone
  • Prima ancora di affrontare il problema degli avversari che gli hanno preparato un intoppo, come succede sempre, Gesù pone una premessa: notte e giorno, il silenzio e la preghiera accompagnano il suo operare, anzi si alternano. Gesù prende le distanze dal mondo per pregare e poi tornare in mezzo alla gente.
Per noi, ecco il primo messaggio: non possiamo sottrarci ai problemi, alle difficoltà della vita, dobbiamo partecipare e affrontarli, ma prima occorre l’apertura del cuore al Signore e alla sua forza. Questo è quanto il Vangelo premette all’agire di Gesù.
  • Noi siamo dentro la realtà o cerchiamo di fuggirla, di isolarci
cercando un posto tranquillo?
  • Fondiamo sulla preghiera il nostro agire?
  • Affrontiamo le situazioni con la forza di Dio e la sua luce
  • La situazione che viene presentata nel brano di Vangelo è seria, perché si tratta della fedeltà matrimoniale e della difesa dello sviluppo della fedeltà in genere. Per la Scrittura, secondo il progetto di Dio, è il cuore della realtà: se la fedeltà cede, si sgretola tutto.
Alcune buone persone (o, meglio, che si considerano tali) sentono il dovere di denunciare l’infedeltà e di costringere Gesù a pronunciare una condanna appellandosi alla norma della legge che regola il rapporto uomo-donna. C’è però una sorpresa: al posto di una pronta risposta da parte di Gesù a coloro che lo interrogano, c’è un silenzio iniziale e un’attesa misteriosa. Gesù non risponde subito , ma compie un gesto: scrive sulla sabbia chinandosi due volte. Per due volte scende e sale. Si tratta di un gesto incomprensibile per prendere tempo? Qualcuno pensa che possa essere così, c’è invece un’ombra di mistero in senso forte. Anche Mosè ricevette la legge due volte: la prima volta perché Dio inaugurava il patto e lo sigillava; poi perché il popolo adora il vitello e rompe il patto. Il gesto simbolico richiama il patto dell’Alleanza, ma anche il peccato e il tradimento. Questo gesto si esprime chiaramente con queste parole: «Maestro… tu che ne dici?». «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». Cosa vuol dire Gesù con questa risposta enigmatica? La legge ha un fondamento profondo nel progetto di Dio; e nessun tradimento può cancellare per sempre il progetto divino e il valore dell’amore fedele. Di fronte a chi infrange la legge, cosa fare? Gesù dà una risposta, comprensibile soltanto all’interno di un progetto di salvezza: non condanna la donna, senza però mettersi contro la legge. La sintesi è questa: non possiamo pretendere di condannare o salvare il peccatore con un semplice appello alla legge, ma occorre mettere in atto una tensione più profonda che è l’amore per la persona. La risposta di Gesù alla domanda è questa: la persona va salvata e l’azione che ne deriva è quella di riprendere il cammino. «… va’ e d’ora in poi non peccare più». Gesù dà a questa donna, accanto all’indiscussa validità della legge, un impegno. È chiara un’attenzione più profonda: lavorare perché la persona possa riprendersi e riprendere la vita cambiando condotta, per realizzare ciò che prima era stato un fallimento. Gesù non cancella la legge, ma la considera la via per giungere ad una umanità più vera ed autentica. Non si tratta di distruggere la legge, ma neppure la persona. Si tratta di aiutare la persona a rimettersi in cammino e muoversi verso la pienezza di vita. Questo messaggio ci pone in un orizzonte di misericordia, in cui è possibile riprendere con fiducia il cammino, mettendo in primo piano la persona e il suo bene e non semplicemente la legge: la legge va vissuta nel suo valore, è il sentiero per la crescita dell’umanità. Semplificando: andare a messa è un comandamento, ma lo vivo se aderisco con il cuore a ciò che mi è dato da vivere. Questo vale per tutti i comandamenti. La legge è in funzione della persona, della sua crescita, del suo benessere; e mai fine a se stessa. È un messaggio di speranza per tutti, è l’impegno a non chiudere le strade, ma ad aprirsi e aiutare a camminare di nuovo. Vi chiedo al riguardo di pensare a possibili attualizzazioni. Io ho pensato a questo. In questi decenni è in atto uno scandalo: Gesù si trova di fronte ad una chiesa che viene spesso accusata, che si ritrova peccatrice in modo anche pesante. La risposta che siamo chiamati a dare è quella di avere passione per la volontà di Dio e per il suo progetto, e di avere compassione e misericordia per le debolezze. Questa compassione non vuole essere un cedimento, ma un aiuto. Spesso le culture hanno degli atteggiamenti che non sono favorevoli alla crescita dell’uomo. Scandalizzarsi anziché operare per un cambiamento, è qualcosa di sterile e di menzognero. Nell’episodio si coglie questo: mentre i farisei sono decisi a denunciare il male altrui, se ne guardano bene dal denunciare il proprio. Una risposta che impegna, ma dà respiro, è quella di trarre motivo, dalle esperienze di male che ci circondano e ci coinvolgono, per confessare la verità e i propri limiti, anziché denunciare solo il male visto negli altri. È importante riconoscere il nostro male per ravvederci, per avere umiltà e per una comprensione sincera dei fratelli. Altre attualizzazioni le lascio a voi. Penso, ad es., a piccoli livelli, come il pettegolezzo, le mormorazioni sono imbevuti di fariseismo e ci portano a puntare il dito solo verso gli altri. Così anche per gli educatori: è importante essere attenti a non ridurre l’impegno all’osservanza anziché alla maturità della persona. Lo scopo dell’educatore è quello di far crescere la persona, non però una persona ligia e povera di cuore. Anche noi stessi, a volte, ci tormentiamo perché non vorremmo essere in un modo o nell’altro, quando invece è importante accettare e avere pazienza per i tempi della crescita personale. Ciascuno cerchi di cogliere nella propria vita i segni di questa malattia dello spirito.
MESSAGGIO
Come stare di fronte al peccato altrui e nostro? Il racconto evangelico lo indica attraverso il contrapposto comportamento dei farisei e di Gesù.
  1. FARISEI
  • il loro interesse è la legge;
  • nessuna considerazione per la donna: per lei non c’è futuro;
  • colgono solo il peccato altrui, senza accorgersi del proprio.
  1. GESÙ
  • al primo posto c’è la persona: il bene della persona è il fine;
  • la legge è per il bene della persona come indicazione di cammino sorretto dalla grazia;
  • fiducia, apertura verso il futuro, inizio di una nuova esistenza. L’amore per la persona e il suo bene diventa manifesto sulla croce
  1. ATTUALIZZAZIONI
  1. il fariseismo del mormorare
  2. il fariseismo nell’educazione
  3. il fariseismo con se stessi


 Leggiamo ora la Lettera di Sant’Ignazio di Antiochia ai Romani Sant’Ignazio è stato vescovo della chiesa di Antiochia; durante la persecuzione si rifiutò di adorare gli idoli e per questo fu condannato, imprigionato e condotto da Smirne a Roma, dove subì il martirio nel 107.
Nel corso del viaggio, che è durato molto tempo, durante le soste contattava le comunità del posto scrivendo loro delle lettere. E, tra queste, ne scrive una alla Chiesa di Roma usando per la prima volta l’espressione ‘Chiesa di Roma che presiede alla carità ’, espressione usata ieri da Papa Francesco che ha così avuto l’attenzione di avviare il discorso tra lui e la chiesa di Roma, di porsi come vescovo di Roma. Dall’avere questo rapporto particolare con la chiesa di Roma, deriva l’autorità spirituale. Le frasi della lettera sono di stile orientale, ma dicono l’entusiasmo di ripercorrere la vita di Gesù. Addirittura si invoca la fretta di morire per il Signore e il martirio con impazienza. Il momento storico vissuto serve a creare una coscienza.
Saluto
Ignazio, Teoforo, a colei che ha ricevuto misericordia nella magnificenza del Padre altissimo e di Gesù Cristo suo unico figlio, la Chiesa amata e illuminata nella volontà di chi ha voluto tutte le cose che esistono, nella fede e nella carità di Gesù Cristo Dio nostro, che presiede nella terra di Roma, degna di Dio, di venerazione, di lode, di successo, di candore, che presiede alla carità, che porta la legge di Cristo e il nome del Padre. A quelli che sono uniti nella carne e nello spirito ad ogni suo comandamento piene della grazia di Dio in forma salda e liberi da ogni macchia l’augurio migliore e gioia pura in Gesù Cristo, Dio nostro.



Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :