La prima ragione è che Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller fu un oppositore del regime nazista, la seconda è che prima ne fu un sostenitore, e la terza infine che rimase per otto anni prigioniero in vari campi di concentramento nazisti, tra i quali Sachsenhausen e Dachau.
Martin Niemöller è quindi per certi versi il prototipo dell’uomo medio nel tempo della modernità.
Ha fatto buoni studi, (Martin Niemöller fu teologo e pastore protestante), è alla ricerca continua di conferme del suo “status” e di chi ritiene possa dargliele.
In questa ricerca di un qualche ordine regolato e regolatore, l’uomo moderno è disposto a rinunciare per tempi più o meno brevi alla propria libertà, non opponendosi e/o collaborando all’affermarsi di forme autoritarie del potere.
Così al nostro Martin Niemöller accadde di essere attivista a favore di Hitler, “innocentemente”, in perfetta buona fede, di quella buona fede che anima coloro che alienano parte della propria coscienza in nome di un qualcosa, che di rimozione in rimozione, viene da essi riconosciuto come un interesse superiore.
Che se ci riflettete è in fondo il fattore costitutivo, la base ed il cemento di tutte le ideologie e delle religioni quando diventano anch’esse ideologie.
Ora accade che ad un impenitente sostenitore della “democrazia liberale”, con tutti i limiti ed i difetti che essa si porta dietro, ma nel contempo la forma massima, tra quelle note e sperimentate fino ad ora, di rappresentatività in forma regolata dei singoli individui componenti il corpo sociale di un paese, accade dicevo di pensare che in Europa, ed in Italia, certo in forme assai diverse da quelle conosciute da Martin Niemöller, si stia assistendo senza particolari e significative reazioni all’affermarsi di una qualche forma di autoritarismo a cui la democrazia liberale, ed i diritti di rappresentanza dei più deboli, non possono che dare fastidio.
Tutto qui !
Anzi no, dimenticavo che c’è una quarta ragione che rende importante conoscere Martin Niemöller, ed è che, contrariamente a quanto la stragrande maggioranza di voi ha pensato finora, attribuendola a Bertolt Brecht, Martin Niemöller è (forse) l’autore della notissima poesia “Prima vennero…” che, come è noto, tratta il tema del pericolo dell’apatia di fronte alle strategie di affermazione dei regimi totalitari proprio come accaduto agli intellettuali tedeschi di fronte all’affermarsi del nazismo.
Il “forse” sull’attribuzione della poesia nasce dal fatto che essendo controverse le parole precise, nel 1971 fu chiesta a Martin Niemöller la corretta versione da riportare, Niemöller disse nell’occasione che non era molto sicuro di aver detto le famose parole.
Nella stessa intervista aggiunse che se la gente insisteva nel citarlo quale autore, lui avrebbe preferito la versione che parla di comunisti, socialdemocratici, sindacalisti, me.
Così il testo della poesia rimase controverso e ancora oggi esistono molte varianti, che si differenziano sia per le persone citate (comunisti, socialisti, ebrei, cattolici, testimoni di Geova, malati incurabili etc), sia per l’ordine in cui sono citate.
In Italia negli anni recenti ha trovato molta diffusione, forse perchè considerata maggiormente “politically correct”, la versione che che inizia con: “Prima vennero a prendere gli zingari…”.
In America, altro esempio di “politically correct” in altra epoca è stata la versione iscritta nel Monumento all’Olocausto, nella quale si parla di comunisti, ebrei, sindacalisti, cattolici.
Nella maggior parte dei manifesti e poster in lingua inglese diffusi ancora oggi si parla di socialisti, sindacalisti, ebrei, me.
La poesia naturalmente non poteva non influenzare la produzione di testi per canzoni, così sono nate, per citarne alcune: “Yellow Triangle” del cantante folk Christy Moore, “Emigre” degli Anti-Flag, che vi propongo in questo video.
La canzone, registrata nell’album For Blood and Empire ha come prima strofa:
“First they came for the communists, and I did not speak out
Then they came for the socialists, and I did not speak out
Next they came for the trade unionists, and I did not speak out
And then they came for me!“
Ecco, sarò fissato, ma a me questo insistere sull’abolizione dell’articolo 18, mi fa venire in mente quel “Next they came for the trade unionists“, ma contrariamente alla canzone, “I have spoken”, per quel poco che può valere.