Avevo il suo sguardo addosso da appena era entrato. Lo avevo notato subito perché era vestito molto bene. Un metro e novanta almeno. Carnagione olivastra. Orientale. Tipo arabo. Parlava con un suo amico ma continuava a non perdersi nessun mio movimento. Ero sicuramente lusingato, ma non volevo assolutamente dargli la mia attenzione. Volevo che lui si conquistasse la mia. Per una volta avevo il bisogno di attenzioni e di conferme.
Sorseggiavo la mia coca cola e scambiavo battute con il barman che era mezzo sordo, ma continuava a chiedermi dell’Australia. Rispondevo alle sue domande, sorridendo, ma lui continuava a farmi altre domande ancora più dettagliate. E dall’altro lato del bancone lo sguardo di quel tizio mi spogliava di tutto. Mi guardava e si soffermava su ogni dettaglio. Avevo deciso, però, di lasciar fare tutto a lui.
Finisco di bere e mi allontano facendo finta di parlare al telefono. Tengo però d’occhio la situazione. Lui continua a guardarmi, si avvicina al bar e prende due bicchieri di prosecco. Si avvicina. Chiudo tempestivamente la finta telefonata e abbasso lo sguardo. Si ferma di fronte a me. “Posso disturbarti?” mi dice sorridendo. Abbozzo un sorriso. Mi mette in mano il prosecco e mi chiede “Come va?”. Come va. Uno schifo, una merda, va tutto a rotoli.
“Bene, tutto ok! A te invece? Come va?” rispondo credendoci molto. “Periodo difficile. Ho appena chiuso una storia con un tipo. Lui è sposato, però ci siamo frequentati per sette mesi. Ecco, mi ha lasciato male… Ho bisogno di riprendermi un po'”. Ottimo. Mi sento immediatamente di fronte ad uno specchio. In un secondo ripenso a quanto sono triste. Mi affretto a mandare giù tutto il prosecco. In un solo sorso.
Diverse ore dopo…
Mi sveglia la luce del sole. Ci sono delle ampie vetrate e le tende non sono del tutto chiuse. Non è ovviamente casa mia, e al momento ignoro pure di chi sia. Sono su un letto e sento che ho un tremendo mal di testa. Ma roba che un trattore mi ha travolto. E restituito lì. Ed ecco, mi sento davvero uno straccio. Mi guardo intorno e l’orologio inequivocabile segna le 7 passate. Se non ricordo male è sabato mattina e devo andare a lavoro. Merda. Mi giro e mi sento il mal di mare, e finalmente mi rendo conto che non sono da solo su quel letto. Siamo in tre.
Doppiamerda. Cerco di ragionare un secondo, ma l’ultimo ricordo che ho nella mia testa sono io che sorseggio un prosecco tutto in un sorso. E’ impossibile che mi sia potuto ubriacare a tal punto da non ricordare un cazzo con un solo prosecco? Chi sono uno dei teletubbies? Devo assolutamente capire cosa diavolo è successo. Mi alzo e sono nudo. Mamma mia, ma che è? C’è una porta nella camera da letto, e grazie al cielo è un bagno. Mi lavo la faccia e realizzo di essere uno straccio. Inequivocabilmente non era solo prosecco.
Avendo visto tutte e undici le stagioni di Grey’s Anatomy e tutte le otto stagioni del Doctor House sono certo che la diagnosi prevede una qualche droga nel bicchiere. E poi cosa ho fatto? Cosa ho combinato dalle 2 in poi? E chi sono queste persone? Preso da troppe domande di cui non conosco le risposte, decido di darmi una rinfrescata. Mi lavo i denti con il dito e mi sento un po’ meglio. Devo comunque ritrovare i miei vestiti. Esco in perlustrazione, e attraverso un piccolo corridoio raggiungo il salotto. Ci sono quattro bicchieri e tre bottiglie di prosecco vuote.
Ottimo. Ho fatto un’orgia e manco me la ricordo. Moltobbene. Nel salotto, dominato anch’esso da enormi finestre c’è un divano gigantesco che la fa da padrone. Rosso. A terra lì vicino ci sono accartocciati magliette e pantaloni. Secondo voi dove saranno mai le mie mutande? Uhm. Eccole. Sono sul lavandino della cucina, che risiede in una nicchia all’angolo di questa enorme salone. Mi vesto, ma brancolo nel buoi più totale. Trovo il mio giubotto e in tasca c’è il portafogli, chiavi di casa e le chiavi della macchina. Bene. Questo vuol dire che non sono venuto a piedi.
Sono tremendamente in ansia. Cosa faccio? Me ne vado oppure aspetto che qualcuno si svegli? Ma soprattutto, posso andarmene senza ricordare assolutamente niente di niente? E poi, dove sta il mio cellulare? Bella domanda. Decido di andarlo a cercare in giro. Non che ci sia molto da ispezionare ancora. C’è solo un piccolo disimpegno che si apre su due porte. Un bagno, ed una specie di dispensa. Entro ed accendo la luce. Ci sono scaffali pieni zeppi di cose da mangiare, e in un angolo una presa con attaccati tre iphone. Bingo. Uno è il mio. Lo stacco e lo metto in tasca. Subito.
Non mi pare di dimenticare nient’altro. Me ne posso andare. Anche se prima di uscire devo assolutamente capire qualcosa di più. Nell’angolo cucina c’è una bacheca con post it e quant’altro. Mi salta all’occhio un post it rosso: Lunedì meeting Germania. Poi c’è un pass della BBC. Non c’è scritto niente se non PRESS in rosso. E ancora ACCESS ALL AREAS. Mmmmmm. Vuoto assoluto. Faccio una foto col telefono alla bacheca. Magari con calma ispeziono il resto.
Apro la porta e prima di andare via leggo il cognome sul campanello: MARIN. Anche questo non mi dice niente. Decido di andarmene e anche di corsa, visto che devo andare a lavoro. E si, ho una vita difficile il sabato mattina. Scendo a piedi, e mi rendo subito conto che devo fare almeno cinque o sei piani a piedi. Vabbè. Arrivato a terra c’è il portiere intento a passare la scopa nell’atrio. Sussuro un buongiorno al volo, ed apro il portone, senza rendermi conto di dove sono. Poi realizzo. Piazza Barberini. Il centro di Roma. Moltobbene.
Ho solo un’incertezza. Dove cazzo ho messo la macchina? Il mio telefono lo deve sapere. Di solito quando “non sono buono” faccio una fotografia di dove ho parcheggiato. E infatti eccola, davanti il ristorante LEON D’ORO DI FONTANA FREDDA, che google al volo, e si trova in Via Sistina a due passi. Sento che mi arriverà di certo una multa per questo, e la pagherò anche molto cara. Raggiunta la macchina ho solo un’altro atroce dubbio. Chi è il tipo che mi ha offerto il prosecco ieri sera? Ancora una volta interrogo il mio telefono, che risponde anche a questa domanda: alle 3:04 ho fatto una chiamata a MIMMO. Di appena tre secondi. Deduco giusto per fargli salvare il mio numero. Ottimo.
Adesso, in qualche modo dovrò capire chi è Mimmo. E cosa è accaduto quel famigerato venerdì sera. E inevitabilmente mi viene da chiedermi, chi ha incastrato ANNABELLE BRONSTEIN?
Ovviamente, il dramma è sempre dietro l’angolo. E anche questa volta, non sarà da meno. Per leggere il mio blog clicca qui, per leggere le rubriche del Signor Ponza che ho scritto clicca qui.
Una storia vera di Annabelle Bronstein, il logo è di Guytano__.