Mio padre mi ha sempre detto: “Fabrizio fai quello che ti pare, ma non ti mettere nei casini, mai“. Mi sembra un concetto chiaro. Semplice. E invece, inevitabilmente, finisco sempre nei drammi più assurdi. Mentre rifletto su questo dettaglio, che potrà sembrarvi di poco conto, siamo a circa 160 km orari sulla tangenziale est di Roma. Uno dei miei “fidanzati” è alla guida, ed io sono quasi certo che morirò a breve. Per questo lascio tutti i miei averi a quell’anima pia di mio nipote. Mentre non so più a cosa reggermi, mi rendo conto che siamo seguiti da ben due volanti della polizia. E poco più avanti, vedo lampeggianti accesi. Deduco che, in qualche modo che ignoro signori, sono nella merda. Fino al collo.
“Mimmo ma che cazzo combini, fermati. Questa è la polizia!” dico al limite di un urlo. “Mi spieghi che cazzo succede Mimmo!” insiste Pietro. Io non so proprio a cosa pensare. Intanto inizio a vedere il posto di blocco. Anzi, tutta la corsia di marcia è bloccata. Quindi o ci schiantiamo o frena. Io spero nella seconda opzione, ovviamente. Proprio mentre penso che la mia vita sta terminando lì, in quel momento, ad occhi chiusi, penso di avere definitivamente un infarto perché siamo oramai vicinissimi, ma Mimmo, finalmente, decide di frenare. Sento solo un gran rumore e la puzza di gomma bruciata. Io, che non avevo la cintura, seguo il movimento della sgommata della macchina, ovvero do una botta diretta sulla maniglia della portiera, e svengo. O almeno spero di essere solo svenuto.
Più tardi, o almeno credo, in un ospedale della capitale…
Apro gli occhi. Sono vivo. Mi tocco istintivamente la faccia. Non ho nessun tubo. Menomale. Mi stavo riprendendo ora dal dramma di Derek, ci mancava un dramma personale, einvece. Ho un dolore devastante alla testa. Sono in una camera di ospedale e non c’è nessuno. Sono solo. Panico. Ho il polso destro fasciato e mi fa un male cane la testa. Sul comodino non c’è niente di mio. Dove sarà il mio telefono? Decido di suonare il campanello. Arriva un infermiere. Anche niente male. “Scusi, mi saprebbe dire come mai sono qui?” gli chiedo appena si avvicina. “Ha avuto un incidente la scorsa notte. Non si è fatto niente di grave però. Non posso dirle altro. Lei sa dirmi come si chiama e che giorno è oggi?” mi dice serio. Rispondo. In maniera corretta. È un buon segno. O almeno spero lo sia.
“Faccio entrare un suo amico che abbiamo fatto uscire poco fa perché c’era la visita. Poi dovrà rispondere alle domande della polizia” mi dice. Merda. Entra la Du Barry, che si mette quasi a piangere. “Amica come stai? Sei viva?” mi chiede allarmato. “Si si… Ho solo un devastante mal di testa! Ho vaghissimi ricordi. Che mi succederà?” gli chiedo angosciato. “E’ successo un macello. Praticamente Mimmo e Pietro sono due spacciatori di cocaina ed anfetamine. Che stronzi. Erano da mesi pedinati dalla polizia, e a quanto pare hanno smerciato una grande partita di schifezze proprio ieri sera. La polizia ha ripreso tutto con delle micro telecamere, e poi li ha seguiti sulla tangenziale dove hanno fatto un posto di blocco. E per fortuna che si sono fermati. Altrimenti potevi dire addio alla tua macchina! Ho sentito ieri uno della polizia bonissimo che lo raccontava a qualcuno al telefono”.
“Bene. Ti adoro quando fai la stalker. Meno male che la macchina è sana e salva. Io sono basito. Non avrei mai potuto immaginare una cosa simile… Ma a te chi ti ha chiamato?” chiedo ancora più sorpreso. “Hanno visto che ero tra le ultime chiamate e mi hanno avvertito. Ho accuratamente evitato di far chiamare i tuoi. Tanto eri vivo. Hai solo sbattuto la testa in macchina, ecco perché ti hanno tenuto qui in osservazione per la notte. E comunque non mi sono mosso da qui!” mi dice la fida Du Barry. “Sei pazzescah. Bene adesso come faccio a spiegargli che io non c’entro niente con questa storia di droghe e pasticche? Ma che ansia!” dico perplesso. “Dì la verità. Spiega la tua posizione e vedrai che andrà tutto bene. Io intanto ho sentito le altre, ed ho detto a Marco di prepararsi perché sicuramente un avvocato è quello che ti serve” conclude sicura la Du Barry.
Il dramma è sempre dietro l’angolo. Sempre. Mentre cerco di realizzare bussano alla porta. È una poliziotta, in divisa, che entra e chiede se può farmi delle domande. La Du Barry mi fa un occhiolino ed esce, ma non chiude la porta, la lascia socchiusa e poco dopo arriva Patrizio… Ed Antonello! Ussignur. “E voi? Che ci fate qui? Insomma mi spiegate chi cavolo siete?” dico quasi urlando. “Siamo poliziotti. Ed eravamo assegnati a questo caso. E be’… Abbiamo l’impressione che tu debba chiarire un po’ di cose” dice Patrizio guardandomi. Chiarire cose? “Io non ho niente da chiarire. Non sapevo niente che questi due fossero due delinquenti. Non lo immaginavo. Noi ci vedevamo per stare insieme. Facevamo sesso, del gran sesso, credetemi. E sì e no li vedo da un mesetto circa. Non so altro” dico quasi mettendomi a piangere.
“E come mai eravate in giro con la tua macchina la scorsa notte?” mi chiede Antonello con un tono serio e soddisfatto. “Mi aveva detto Mimmo che doveva portare un pacco da un amico. Io non l’ho neanche visto quando lo ha messo in macchina. Ve lo giuro. Ma secondo voi gli prestavo la macchina per andare a vendere la droga? Come minimo avrei coperto la targa, se lo avessi saputo. E comunque non lo avrei mai fatto a prescindere. Io ho conosciuto Mimmo in un locale, e credo che abbia drogato anche me. Perché di quella sera non ho ricordi. E poi scusa ma tu perché ci hai fotografati mentre facevamo sesso? E perché le hai messe su internet più che altro?” chiedo ad Antonello.
“Ti ho fotografato perché stavo indagando su Pietro. E volevo vedere se cacciava droga durante l’atto sessuale. Poi lui si è accorto che vi avevo fotografato e mi ha chiesto di pubblicare le foto per far ingelosire Mimmo. E per non far saltare le indagini ho fatto quello che mi aveva chiesto… Soddisfatto?” mi dice in tono irritato. No. Non sono per niente soddisfatto. Anzi sono solo incavolato come una biscia. NERO e PIENA. Chiaro? Cerco di calmarmi e di prendere fiato, mentre la loro collega registra tutto con un piccolo aggeggio super tecnologico. “Appena starai meglio comunque dovrai venire in caserma, e deporre. E poi si vedrà il da farsi…” conclude Patrizio.
Tre settimane dopo…
Finalmente, con l’aiuto del mio pazzesco avvocato sono riuscito a chiarire la mia posizione, ovvero la totale estraneità ai fatti. Sono uscite fuori intercettazioni ambientali, foto, addirittura video che mi hanno totalmente tirato fuori dai guai. Tre settimane da incubo, però, tutto si è risolto nel migliore dei modo. Non ho più visto Mimmo e neanche Pietro. Non so proprio che fine abbiano fatto. Mentre sono fuori dalla stazione di polizia che saluto l’avvocato ecco che esce Patrizio. Si avvicina e mi sorride. “Volevo ringraziarti. Senza di te forse non mi avrebbero creduto, insomma sei stato tu che hai tirato fuori tutto quel materiale che mi ha fatto uscire da questo casino!” gli dico riconoscente. “Ma levami una curiosità, quindi la mattina che ci siamo visti, in realtà stavi lavorando… Insomma, non ti interessavo, anzi non sei neanche gay suppongo?” gli chiedo.
“Ah… Be’… Questo io non l’ho mai detto. Forse è il caso di prendersi un altro caffè. E subito pure” sorride strizzando l’occhio.
E sì. È proprio come pensate.
Levatevi.
Una storia vera di Annabelle Bronstein, il logo è di Guytano__.
Per leggere il mio blog clicca qui, per leggere le rubriche del Signor Ponza che ho scritto invece, clicca qui. Rileggi tutta la stagione di Chi Ha Incastrato Annabelle Bronstein qui.