Solitamente il supporto di un mental coach sportivo viene richiesto da due tipi di categorie: gli allenatori e i giocatori.
Solitamente il supporto di un mental coach sportivo viene richiesto da due tipi di categorie: gli allenatori e i giocatori.
Gli allenatori richiedono tale supporto perché pienamente consci che in un mondo dove vi sono sempre più atleti ottimamente preparati, dove la tecnica è una dote che non possiedono solo pochi eletti, in cui le capacità naturali possono essere raggiunte, se non al 100% comunque in un’ottima percentuale, ciò che fa la differenza tra una squadra vincente e una perdente, che assume un’importanza determinante, è essenzialmente la preparazione mentale. Sono dunque quei coach che pongono sullo stesso piano corpo e mente e hanno bisogno di impartire oltre che la tecnica e la tattica anche una mentalità di gioco vincente, competitiva, decisa. Sono consapevoli che non basta allenare ma essere in grado di motivare il proprio gruppo, comunicare in modo efficace e persuasivo, essere un’ancora di salvataggio nelle fase critiche di un match e sviluppare il potenziale dei propri giocatori.
Vi sono poi gli atleti, suddivisi a loro volta in due classi: le giovani promesse e i campioni “caduti in disgrazia”.
Per un giocatore all’inizio di carriera la possibilità di sbagliare è elevata. La pressione è molto forte, il desiderio di esibire al mondo il proprio potenziale è enorme, la brama di dimostrare quanto si è capaci travolgente. Inoltre, essendo queste le prime apparizioni o gare che contano, governare le proprie emozioni può risultare un’impresa piuttosto complicata, quasi quanto vincere una medaglia. Ecco quindi che l’aiuto di un mental coach sportivo ha proprio l’obiettivo da un lato di rendere l’atleta più sicuro dei propri mezzi, consapevole che la vittoria dipende essenzialmente proprio dalla sua persona, e dall’altro di metterlo nella condizione di saper gestire situazioni di forte tensione emotiva.
Fino a questo punto il discorso ha una sua logica, ma perché vi domanderete, un campione olimpico dovrebbe avere la necessità di un mental coach sportivo? Ha già vinto, ha raggiunto i suoi obiettivi. La risposta in realtà è molto semplice: a volte riconfermarsi è molto più difficile che vincere. Quando si è agli esordi infatti per la maggior parte dei tifosi l’atleta è uno sconosciuto, un individuo di cui gli esperti tessono le lodi e in cui si aspetta venga mostrato questo famoso potenziale. Quando poi si è vinto, si è dimostrato il proprio talento, a quel punto scatta il meccanismo per cui il giocatore deve nuovamente trionfare per dimostrare che quanto accaduto precedentemente non era frutto del caso, la cosiddetta fortuna del principiante, ma merito della tenacia e della costanza impiegate per mesi e anni negli allenamenti quotidiani. L’ansia da riconferma diventa dunque un sentimento non così impossibile da provare, capace di paralizzare, di rendere una giocata banale la più difficile e innaturale. In questa occasione si manifesta la cosa peggiore che possa accadere ad uno sportivo: la consapevolezza di non aver dato il massimo. Essere conscio delle proprie capacità e non essere più in grado di sfruttarle appieno, assume sotto il piano psicologico un aspetto devastante, che può portare anche all’interruzione dell’attività. Il compito di un mental coach sportivo in questo caso sarà di sbloccare la mente del giocatore e fargli comprendere che se è riuscito già una volta ad arrivare al traguardo, salvo condizioni fisiche che non lo permettano, non c’è nessun ostacolo che gli impedisca di bissare il successo, avendo oltretutto dalla sua la carta dell’esperienza.
Gli atleti vogliono dunque un mental coach sportivo perché sanno che può essere l’uomo giusto per migliorare le loro performance, per renderle perfette sotto ogni punto di vista, sia sul piano di gioco che su quello mentale, per potere fare quel salto di qualità necessario per accrescere le possibilità di diventare il numero uno, il campione indiscusso.