Chi ha vinto e chi ha perso nelle elezioni in Polonia

Creato il 10 ottobre 2011 da Alessandroronga @alexronga

Donald Tusk

La Polonia oggi si è svegliata diversa da come si era addormentata: dalle urne sono saltati fuori dei risultati che indicano chiaramente come i polacchi vogliano lasciarsi alle spalle l’ultraconservatorismo e l’euroscetticismo dei gemelli Kaczynski e guardino per il futuro a Bruxelles. Il che, per un’Ue in crisi d’identità, è sicuramente un risultato incoraggiante. Il premier Donald Tusk vince con il 40 per cento circa dei consensi, riuscendo dove nessuno era mai riuscito dalla nascita della Polonia post-comunista: vincere due elezioni di seguito. Segnale chiaro che la società polacca sta maturando a livello politico.

Tusk vede riconfermata la fiducia nei suoi confronti, alla vigilia di un quadriennio che, salvo clamorosi cambiamenti di programma imposti da Bruxelles, dovrebbe portare Varsavia ad entrare nell’Eurozona. L’elettorato polacco sembra aver capito che il futuro del Paese passa attraverso una destra moderna ed europeista, piuttosto che per una ultrareazionaria e clericale che aveva il volto rabbioso di Jaroslaw Kaczynski, ex candidato alla presidenza (sconfitto nel 2010 dal moderato Komorowski) e premier tra il 2004 e il 2007, quando, complice la presidenza della Repubblica nelle mani del suo gemello Lech, impose alla Polonia una sterzata verso il nazionalismo, tanto da mettere in discussione il processo d’integrazione di Varsavia nell’Ue.

Assieme all’ultradestra esce sconfitta da queste elezioni anche la Chiesa cattolica polacca, influentissima lobby guidata dal potente cardinale Stanislaw Dziwisz, già segretario particolare di Giovanni Paolo II ed oggi Arcivescovo di Cracovia. E proprio il cuore pulsante del cattolicesimo polacco è diventato il simbolo della lontananza della Chiesa da una società in continua evoluzione, che non riesce più ad avere dal clero le risposte che cerca: la cattolicissima Cracovia ha mandato in parlamento Anna Grodzka, deputato transessuale e membro del Movimento liberal-radicale Palikot. Questa 57enne signora, nata come Ryszard Grozki, è diventata l’emblema di un partito fortemente anticlericale costituito meno di un anno fa nel nome delle battaglie civili, che proprio per questo era dato per perdente fino alla vigilia delle elezioni: a queste latitudini era considerato fin troppo radicale il suo programma per la legalizzazione delle droghe leggere, dell’aborto e delle unioni civili. Oggi Palikot è la terza forza politica del Paese, e con il suo 10 per cento dei voti potrebbe – in teoria – anche ambire adiventare forza di governo: la Piattaforma Civica di Tusk non ha infatti la maggioranza assoluta, anche se il premier ha già escluso ogni possibile forma di coalizione con i radicali.

Molti dei voti ottenuti dal Movimento Palikot sono arrivati dai delusi della sinistra socialista: dalle urne esce distrutto anche il SLD, che si ferma ad un misero 8,1 per cento, molto al di sotto di quanto previsto dai vari sondaggi, tanto che il leader Gregorsz Napieralski ha rassegnato oggi stesso le dimissioni. Disorganizzazione, beghe interne e scandali hanno affossato uno schieramento che solo dieci anni fa erano partito di maggioranza al governo con il 41 per cento dei consensi.


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