La sparizione del Pdl, la crisi - contenuta - della Lega Nord che non sostituisce quel vuoto a destra, la pochezza del centro e di Fini (che politico è Fini?), la difficoltà diffusa del PD, che resiste ma continua a palesare una distanza profonda anche dal proprio elettorato. La crisi partitica sembra una conseguenza della protesta di una cittadinanza sempre più infastidita dall'occupazione totalizzante della politica, che si mangia il paese anche nel momento di crisi economica peggiore. A vent'anni da tangentopoli, la cancellazione delle ideologie e la distruzione degli ideali compiuta dal berlusconismo non ci lascia neppure la speranza di un futuro migliore dopo le fatiche attuali. Credere nei partiti, quindi, non è possibile. Non è più permesso: anche la magia di Berlusconi non fa più effetto, restano le macerie.
Tra queste macerie, come venti anni fa, emerge il nuovo. E c'è un progresso se oggi il nuovo, più che Grillo e la Lega Nord, sono i giovani del M5S. Tuttavia, qualcosa d'altro si può dire: nell'incertezza di questa Terza Repubblica, anche il Movimento di Grillo non è uscito che come movimento di opposizione, di crisi, di critica, di antipolitica (intesa come l'essere contro la politica dei partiti; meravigliarsene è cecità). Evidente, infatti, dall'opposizione ad agire come i normali partiti: evitate i talk-show, l'ultimo ordine di Grillo. E non c'è dubbio che siano passi in avanti. Tuttavia, mi chiedo se questi passi conducano fino ad un vero e proprio cambiamento della politica o se serva solo per quanti partecipano del movimento. Per ora, infatti, non si va oltre a quelle correzioni naturali della politica italiana: che non è una vera e propria rivoluzione. Infatti, non è tanto la politica che cambierà quando smetterà di andare in televisione o sarà visibile su internet, perché devono cambiare i politici che la costituiscono e la mentalità che la abita. Grillo, per ora, non mi sembra abbia questo sguardo più ampio.
Si lascia, quindi, una porta aperta ai partiti: il movimento di Grillo non riesce, ancora, ad occupare la scena politica. Perché non va oltre a quell'idea di trasparenza che, però, non ha inventato. Non è, ancora, un movimento realmente politico se non nella denuncia dello spreco e dell'oscurità altrui. E' un punto di confusione, per ora.
Fare politica, infatti, significa altro. I partiti lo sanno e ancora ci puntano, probabilmente con qualche buona idea da realizzare, con qualche buon pensiero che circola nell'aria e che non ha ancora trovato luce. C'è una nuova politica, che non è quella di Grillo: Grillo ci serve per rimetterci a posto, per fare i conti con una morale disfatta e con una politica ridotta a mercimonio. Grillo si limita a questo; che sia politica, si limita ad un certo punto. Poi sta a noi, a quel noi dei partiti, a quel noi che vuole trasformare la politica non in qualcosa di opposto da sé (il M5S, mi dispiace, ma questo vuole), ma che vada in un senso diverso.
Io non riesco a dire chi abbia vinto. Non il Pdl, né il terzo polo. Il Pd fa fatica, ma si mantiene. Ma vi prego, non diciamo che Grillo abbia vinto solo perché ha raccolto il voto di protesta a Parma (con quello che è successo e con il candidato giovane del Pd, non potevamo che aspettarci altro) e a Genova. Non facciamo di Grillo quello che non è: raccoglie la protesta (esondati centrosinistra, centrodestra che sia, perché tanto è uguale, se anche loro non si definiscono in alcun modo) e basta. Non la riordina ancora. Vincerà le elezioni che la trasformerà, chi le darà un senso.