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Nazismo e fascismo nella Russia di Putin.

Creato il 25 giugno 2015 da Catreporter79

putin3Se è ben nota l’amicizia tra Vladimir Putin e formazioni di destra od estrema destra al di fuori dei confini della Federazione Russa (ad esempio il FN lepenista o la Lega Nord italiana) si sa forse meno della presenza, all’interno del gigante euroasiatico, di sigle che guardano al nazismo ed al fascismo, e della loro contiguità con il Kremlino. Tra queste organizzazioni spiccano, in particolare, Mestnye (Locali) e Nashi (I Nostri), oltre ad una galassia di associazioni di skinhead.

Xenofobia
Nell’estate del 2007, Mestnye avviò una campagna per il boicottaggio dei taxisti non russi, attraverso volantini che mostravano un giovane , russo e biondo, rifiutare il servizio di un tassista dalla carnagione olivastra. Il volantino recitava lo slogan: “Noi non andiamo nella stessa direzione”.

Nel settembre 2007, sempre Mestnye organizzò una vera e propria trappola ai migranti che lavoravano in un mercato di Yaroslavskoe Shosse , nel nord est di Mosca, usando come esca l’offerta di un impiego in un cantiere edile. Giunti a destinazione, i migranti trovarono ad attenderli gi uomini dell’ufficio immigrazione, che misero le manette a 73 persone per ingresso illegale nel paese. Benché non vi sia un legame ufficiale tra queste iniziative e il governo, esse ricalcano comunque la linea di indirizzo del Kremlino in materia (nell’aprile 2008, Putin emanò un decreto con il quale veniva proibito ai lavoratori stranieri il commercio nei mercati al dettaglio della Russia).

La Putnjungend
Ufficialmente legato al presidente ed al suo partito, è invece Nashi, organizzazione giovanile con circa 120 mila iscritti, ribattezzata la Putinjugend, a richiamare la famigerata Hitlerjugend di Baldur Benedikt von Schirach . In un raduno estivo nel 2007, i suoi militanti di distinsero per un’agguerrita campagna diffamatoria nei confronti delle autorità estoni, con la distribuzione di materiale raffigurante i governanti di Tallin come fascisti (nel solco della tradizione propagandistica sovietico-russa) e le donne dell’opposizione nazionale come prostitute. Ancora, nel meeting venne promossa un’iniziativa “moralizzatrice”, che chiedeva alle ragazze la consegna della biancheria intima più succinta in cambio di indumenti ritenuti più morigerati.

Per aver partecipato ad un incontro con le opposizioni nel giugno del 2006, l’allora ambasciatore britannico Anthony Brenton venne invece perseguitato per mesi dai giovani di Nashi, con continue irruzioni durante i suoi suoi discorsi pubblici (i militanti bloccavano l’entrata e l’uscita degli edifici nei quali si tenevano i discorsi del diplomatico, fischiandolo ed insultandolo).

Pestaggi e intimidazioni
Nel 2006, l’assassinio nella città di Kondopoga di due russi in una scazzottata scatenò la reazione dei gruppo di naziskin del Paese, con pestaggi, intimidazioni e sabotaggi ai danni degli stranieri dalla pelle scura, che vennero cacciati dalla città.

L’anno successivo, sempre i neonazisti aggredirono un gruppo di ambientalisti che ad Angarsk protestavano contro la realizzazione di un impianto di uranio voluto dal governo, ammazzando barbaramente un attivista.

Dal quadro, senza dubbio preoccupante, appena delineato, emerge come l’accusa di compromissione con l’ideologia nazifascista, punta di lancia del propagandismo putiniano, potrebbe e dovrebbe essere “girata”, invece, alla Russia dell’ex ufficiale del KGB,oggi molto più impregnata di estremismo nero rispetto a paesi come l’Ucraina o le piccole repubbliche baltiche, periodicamente (e ingiustamente) indicati dalla Russia e dai suo sostenitori esterni come terreni di coltura dell’ odio razzista e xenofobo.



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