Questa mattina sono al lavoro: sto facendo una docenza sulla Comunicazione ed il Marketing per il Sole 24 Ore Formazione e vi voglio raccontare un piccolo episodio, che tuttavia mi appare significativo.
Devo cambiare una banconota da €500 e, in una delle pause tra una presentazione ed un esercizio, esco e chiedo ai negozi intorno a Piazza Indipendenza a Roma incontrando chiare difficoltà a volte oggettive e spesso di cattiva volontà nel cambiare la mia banconota. Dopo un breve girovagare, provo ad una banca: “Che Banca!” dice lo slogan, ammiccando alla superiorità dei servizi offerti e mi rivolgo ad un impiegato che si dimostra immediatamente seccato della mia richiesta, abbassando subito lo sguardo sul cellulare che aveva in mano. “Non si può”, bofonchia senza più neanche guardarmi. “Come mai?”, chiedo, “pensavo che in una banca non fosse un problema come magari per un negoziante…”. “Scusi ma lei è un nostro cliente?”. “No”, rispondo io. “E allora… mi dispiace”. L’impiegato si gira e mi molla. “E mai lo diventerò” dico stupito per la scortesia e l’atteggiamento arrogante che avevo ricevuto. Mi giro e me ne vado pensando che invece di “Che Banca!” dovrebbero chiamarsi “Che stronzi!”, ma sono oramai vaccinato alla mancanza non solo di cortesia, ma anche di efficenza e servizio a cui siamo costretti da questo sistema decadente e fallimentare in cui viviamo in Italia.
Uscendo mi cade l’occhio su un piccolo supermercato etnico e, oramai senza alternative entro e chiedo ad un ragazzo asiatico che stava pulendo alcuni scaffali. “Scusi… una cortesia: mi potrebbe cambiare una banconota da €500?”. “Si, penso di si”, mi risponde, smette di fare quello che stava facendo e va alla cassa, ma i soldi che ha non bastano. “Aspetti”, apre un altro cassetto dove sono riposti altri contanti in buste separate e si accinge a contare, separare banconote per raggiungere i miei €500 e alla fine mi consegna svariate banconote di vario taglio con il cambio.
Sorrido: “Lei è molto gentile”, dico. “Grazie, ma non ho fatto niente di speciale… La aspetto quando vuole comprare del buon cibo indiano” mi risponde sorridendo.
Esco sorridendo anche io. In questo Paese dilaniato c’è una speranza di civiltà che ci viene proprio dall’immigrazione, da coloro che sono immuni da questa nostra infame cultura dell’egoismo.