Urge un’integrazione al post “Chi s’accontenta gode?”, per rendere merito alle valide considerazioni là fatte dal Granduca di Moletania, le cui nobili terga, con annesse frattaglie, cuore, polmoni, cellule grigie, vessilli, vestigia e vestaglie tutte, si sono spinte fin qua per lasciare due preziosi commenti. Ergo per cui, ora li espongo in bella vista prima di riporli nel forziere (parafrasandoli spero correttamente), integrando i suoi originali apporti coi miei sottintesi inespressi.
Il post precedente può lasciare luogo all’equivoco che “godere del sapersi accontentare” sia connotato di stupidità e mediocrità. Nessun equivoco; va proprio inteso così. Occorre però far precedere questa asserzione da un adeguato tavolo di lavoro, ovvero porsi su un piano assoluto o relativo.
Il Granduca introduce un elemento fondamentale: l’invidia.Chi non sa accontentarsi, mosso e tarantolato nell’animo da un costante senso di inappagamento e cupidigia dell’altrui fortuna, non soltanto non godrà mai, condurrà una vita di tormenti, di frustrazioni, di fegato rosicchiato dalla brama di un desiderio sempre insoddisfatto.Davvero fortunato chi s’accontenta e gode, perché l'altro né gode, né è felice, né è soddisfatto, né avrà mai un minimo senso d’appagamento e benessere.
Poi ancora il Granduca evidenzia una triste piaga della nostra epoca scandita da pseudo valori da spot pubblicitari.“Avere l’ultimo modello di forno autopulente (in attesa di quello auto mangiante e che va a fare footing al posto tuo) è un tuo diritto!”“Devi garantire alle tue chiome l’ultima versione futuristica della migliore marca di balsamo, shampoo, messa in piega, stiratura, tutto in uno, all’estratto di pungitopo e liquido prostatico di yak tibetano. Perché? Mi chiedi perché?! Perché tu vali cazzo! E vali nella misura in cui valgono i tuoi capelli! (quel che c'è sotto può attendere)”Ecco, da questi messaggi neurocontundenti il nostro cervello è quotidianamente bersagliato a grappolo.Allora, di nuovo, davvero una virtù da coltivare è il sapersi accontentare della penultima marca di shampoo senza l’ansia di perdere i capelli, in una vita grama dove il forno non è nemmeno capace di raccoglierteli, improvvisandosi aspirapolvere.Sapersi accontentare è una rara dote che preserva buonumore e felicità, mentre chi è alla spasmodica ricerca di falsi appagamenti effimeri e labili dettati da falsi bisogni, è in totale balìa dei lobotomizzatori di cervelli.
Se resto dell’idea che è sbagliato affiancare l’accontentarsi al godimento, è proprio perché reputo sacrosante le precisazioni del Granduca (dio preservi lui e ogni dominio ove il suo sguardo si posa).Mi spiego.Ogni paragone, ogni confronto relativo tra chi ha il senso della misura e chi non sa sottrarsi alle lusinghe idiote di un’inestinguibile arsura di invidia e inappagamento (materiale o metafisico che sia, che anche la metafisica ha i suoi esperti di marketing, con tanto di merchandising, come Simon Mago insegna) è vinto a mani basse dai primi. Degni i primi, indegni i secondi.Nel mio post davo già compiuta questa scelta, elevandomi sopra i secondi, ponendomi su un piano assoluto donde li contemplo con superiorità che non abbisogna di render conto a costoro.
Faccio due esempi.Ecco il primo.Aver già scartato l’invidia per il macchinone ultimo modello, significa per me trovarmi a bazzicare categorie mentali e d’esistenza dove non esiste il paragone tra macchinina e macchinone. Sono contento della mia macchina perché è ciò che mi appaga. Ne godo in quanto contento così. Nessun pensiero di “dovermi accontentare” mi sfiora. Se gettassi lo sguardo invidioso sul macchinone, sarei soltanto uno che ha la capacità di accontentarsi e mentirei a me stesso con la fregnaccia che m’accontento ma godo.Altro esempio, così dissipiamo ogni futile perplessità dicotomica tra materiale e metafisico (poiché per me non è un fatto di “cosa si guarda”, ma di “come lo si guarda”).Se sto sentimentalmente con una donna perché lei mi fa traboccare ogni brocca altrimenti arida, ogni eventuale confronto con altri iridi o deretani non è altro che una fugace taratura emotiva, ennesima conferma che nella mia brocca c’è la donna migliore. Se invece sto con una donna perché al momento devo accontentarmi di godere di lei, poiché non posso (per ora o per sempre) permettermi una donna che desidero maggiormente, sarò per ora e per sempre un individuo frustrato, egoista e irrealizzato. Uno sfigato insomma, come sfigata lei a star così accoppiata. Incapace di vero godimento, poiché l'invidia alberga nei codardi.
Realizzare se stessi, godere in ogni fibra del corpo e dell’intelletto non un fremito in meno di quanto necessita il personale (e dico personale e assoluto) bisogno di appagamento, è l’unico metodo per sottrarsi alle logiche di mercato sia materiale che metafisico. Essere spudoratamente ambiziosi senza false modestie è l’unico antidoto a invidia e bramosia da shampoo ultima marca su chioma di fatalona o farfallina di turno.Chi ambisce al proprio desio sol del proprio miglioramento si cura, perfettamente sordo alle sirene della piscina gonfiabile (ma forse è il forno che si è evoluto) nel giardino erboso del vicino.Senza risparmiare alla vita una sola goccia di sudore, una sola lacrima, una sola risata, un solo orgasmo.
Grazie ancora, Granduca.Vessilli sempre al vento, amico mio.Un abbraccio
K.