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Chi siete mai, quando il sogno vi cattura?" Il sogno e il mondo infero" libro sciamanico di James Hillman
Da Colorefiore @AmoreeDintorniChi siete mai, quando il sogno vi cattura? Basta spegnere la luce sul tavolino da notte e premere il pulsante di quell'ascensore buio che scende implacabilmente insieme alle vostre palpebre ed è fatta. Il mondo luminoso della veglia non esiste più e quello infero vi accoglie anche se non lo volete.È il vostro inconscio a schiudere quelle porte silenziose? Forse, in parte, all'inizio, quando credete ancora di riconoscere in mezzo a quella luce grigia e immutabile il volto affettuoso dei vostri genitori scomparsi da tempo, amici dimenticati o il sorriso di sorelle che non avete mai conosciuto e che vi sono improvvisamente care. Sono loro, ne siete certi. Anche se non li vedete bene in faccia, sentite che sono loro.
Eppure c'è qualcosa di ambiguo, di sfuggente perfino di inquietante nel modo con cui si presentano là sotto. Perché è chiaro che il mondo infero, dovunque lo si voglia collocare non sta nei recessi più indiscreti della vostra mente ma sotto la superficie su cui di solito il vostro Io cammina. Quando si sogna si scende, e anche se pensate di volare o state proprio volando, l'aria non sarà brillante, tersa, cristallina bensì notturna, oscura, senza alcuna memoria del sole. È un volo sotterraneo, verso il profondo. Sognate ma il sogno non vi appartiene perché siete voi ad appartenergli. Vi avvicinate alle persone che vi sono care, aspettate da loro una parola, un conforto. Ma il loro aspetto non è come pensavate di ricordarlo. È assai diverso, obliquo, timoroso, pauroso. Il loro volto non si mostra mai di fronte ma solo di sbieco, i loro occhi sfuggono.
Perché siamo qui? Perché il tempo è scomparso in modo così bizzarro da farci credere di essere morti, di essere scesi con il semplice gesto di spegnere la luce nel regno della morte? Se a queste domande non trovate risposta, se non sapete orizzontarvi in luoghi che dovrebbero esservi se non cari almeno consueti, vuol dire che avete commesso l'errore imperdonabile di non leggere, prima di addormentarvi, la magnifica guida di James Hillman al mondo del buio, alle mortali ombre notturne che ci nutrono nel sonno, Il sogno e il mondo infero.
Dove ci guida Hillman che, come i suoi maestri Freud e Jung, è assai più uno sciamano che uno psicoterapeuta? Lo sciamano non trasporta la nostra anima nell'aldilà o nel sogno ma compie il tragitto contrario, trasporta il mondo infero dentro di noi. Perché non c'è veramente un altrove, dove andare se non nella nostra mente, e anche quando parliamo di mondo infero, di inconscio, di anima-sogno o anima corpo, è sempre la natura della mente che si moltiplica nell'infinità di Io che abitano dentro di noi. E anche questo «noi» è tutt'altro che definito e chiaro. E come ha scritto Freud, custodisce i residui di innumerevoli esistenze.
Hillman ha una certezza. Il mondo infero vive ed esiste. È un luogo completamente tagliato fuori dal mondo esterno che può manifestarsi solo attraverso di noi. Un territorio straniero di cui ci accorgiamo quando scivoliamo nelle crepe della coscienza.
La mitologia riconosceva in queste caverne e cunicoli gli ingressi al mondo infero dove i morti vivono, assediati dai sogni di cui sono protagonisti. Quello spazio è incomparabilmente più vasto di quello di qualsiasi io individuale e non vi si riconoscono le leggi della logica, né alcun altro valore. Il bene, il male, la morale sono valori sconosciuti e il tempo non esiste. Tutti gli impulsi che nascono o scendono là sotto vengono catturati e trasformati in persone. In quella specie di eternità restano immutati per sempre e ci aspettano.
Nell'antichità si usava il nome di Plutone (ricchezza?) per coprire eufemisticamente la spaventosa profondità di Ade e oggi si definisce l'incoscio creativo per nascondere i processi di distruzione e morte in atto negli abissi dell'anima.
Ed è proprio l'intercambiabilità tra psicologia e mitologia a guidare Hillman nella discesa al mondo infero che naturalmente non è l'adilà, e anche quando si pensa al mondo infero come a un luogo dove è possibile se non inevitabile andare, deve essere chiaro che non esiste alcun luogo conosciuto al di fuori della mente. Le frontiere della realtà o della mente sono assolutamente immaginarie, come l'inconscio, i sensi di colpa, i quark o i neutrini. Sono un modo per immaginare l'invisibile, per dare un nome a qualcosa che non può averlo, come l'anima.
D'altronde, per i Greci l'anima era semplicemente un eidolon, un'immagine. Tutto quello che appare nel mondo infero un simulacro. Nel Libro tibetano dei morti il lama che guida il corpo d'illusione del morto verso la liberazione o la rinascita, dice insistentemente al morto di non aver paura, che le immagini furiose che gli appaiano sono prodotte dalla sua mente e che nulla di ciò che vede o prova è reale. Nulla esiste figlio, sussurra il lama all'orecchio del morto. Nulla.
In una pagina straordinaria del suo libro, Hillman ci ricorda come la parola eidolon sia connessa con il dio-demone Ade (aidoneus, invisibile) e con eidos, cioè le idee e le immagini destinate a regolare la vita.
Queste immagini sono così intrecciate e sepolte nella vita che, come la cifra di un tappeto, possiamo riconoscerle solo quando emergono sotto forma di astrazioni. Sono immagini che vediamo ma che, al tempo stesso, sono invisibili. Eccoci dentro il mondo immaginativo, il punto vertiginoso e anche spaventoso dove la realtà riceve dal nulla la sua forma. Jung aveva già intuito che qualsiasi genere di realtà in primo luogo è un'immagine fantastica della psiche e quindi del tutto simile a un sogno senza sognatore. Hillman sposta l'origine di questo sogno nel mondo infero, rimettendo in pista divinità dimenticate che tornano a sussurrare la loro aria senza tempo dentro sotterranei che avevamo rimosso. Lo smarrimento che proviamo davanti all'immagine del mondo, all'inesprimibile senso della sua bellezza senza significato, sono un senso caratteristico del mondo infero. Un senso di incompletezza moltiplicato per l'attesa di qualcosa che è andato perduto per sempre o che non potremo mai ricevere, poiché ci contagia nel sonno, il mondo ombra dentro cui viviamo ogni notte è una copia esatta della nostra coscienza quotidiana, con una differenza, l'ombra, la materia stessa dell'anima.
L'immagine che abbiamo del nostro Sé personale, l'io con cui parliamo quando siamo agitati, l'io al quale ci riferiamo dicendo «noi», vive nel regno della morte, il livello psichico dell'esistenza, che non possiamo controllare. Quell'Io-noi non è il nostro doppio ma un'ombra del mondo infero. Potremmo chiamarlo con il nostro stesso nome (potete provare, guardandovi allo specchio) ma non sarà mai davvero «noi» quel riflesso. Ecco perché gli specchi danno talvolta un senso di inquietudine. Quello che contengono è l'ombra di un altro mondo dentro cui si sprofonda in sogno. Questo strano commercio dell'anima con un mondo fatto solo di immagini suggerisce un'idea che Hillman non propone ma che sicuramente è al centro del suoi pensieri: siamo tutti già morti? In un certo senso, sì. Ma la morte di cui si parla nel mondo infero è qualcosa di ben diverso dalla morte fisica, l'unica che interessi veramente e terrorizzi il nostro Io. La morte, nel senso comune, è solo una fantasia dell'Io, come i sogni e il sognare. Ma dal punto di vista psichico, la morte è una preziosa scoperta che avviene quando la coscienza diurna va a nanna.
La psicologia del profondo è sostanzialmente un rito iniziatico che, facendo rivivere un passato incredibilmente sepolto, ha riportato la morte e il morire al centro della nostra vita da cui l'avevamo rimossa come una fastidiosa, remota casualità biochimica. Ma di che morte si tratta, se la prospettiva fisiologica diviene del tutto secondaria nel mondo sotterraneo in cui la psiche scivola, morendo oppure sognando? Di nessuna morte descrivibile nel mondo diurno dove non possiamo fare esperienza né del sogno né dell'anima che è alimentata dal sogno, come ha detto Freud, l'inconscio non conosce la negazione. Cose incompatibili ai nostri occhi svegli, nell'inconscio vivono fianco a fianco e si fondono l'una nell'altra e non si contrappongono mai. Vita e morte sono eidola, immagini, come veglia e sogno, mondo superiore e mondo infero. La morte fisica irrapresentabile nel mondo infero, sarebbe un fenomeno irreale come un riflesso dentro una pozza d'acqua. Nella dimensione psichica solo le ombre diventano vere. Questo, al di là di ogni particolare riflessione psicoterapeutica, dovrebbe farci riflettere sulla densità del mondo in cui viviamo e di cosa è formata la nostra anima, la nostra psiche o il nostro corpo e i nostri molteplici Io.
La vera malattia del mondo occidentale è la crescita insensata, smodata, bulimica di un Io vuoto e avido di vuoto. Un Io veramente morto. L'insegnamento più prezioso che possiamo trovare in questo libro è il modo di maneggiare questa bizzarra entità priva di sostanza e ricca di potenza. Assoggettare l'Io al sogno, dice Hillman lo sciamano, dissolverlo nel sogno mostrando come tutto quello che fa, prova e dice rifletta il suo essere situato nell'immagine, mostrando cio che questo Io totalmente immaginale. Dobbiamo imparare a conoscere il sogno e a distinguere l'Io compulsivo e superficiale della veglia da quello notturno. L'Io che si sveglia conserva tracce del dramma o della commedia in cui ha recitato. Ma subito dimentica incubi, presagi e polluzioni notturne proseguendo la sua vita in luoghi diversi e perfino in una persona diversa. Il sogno non è una compensazione di pulsioni rimosse o frustrate ma il solo cibo capace di appagare l'anima, le immagini del mondo notturno. Il viaggio nel mondo dei morti, così vivi, feroci e sensuali comincia ogni notte. Non potete perderlo. Loro vi stanno aspettando.
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