Finalmente dopo mesi di campagne pubblicitarie, petizioni, ovazioni, manifestazioni ed eventi vari ed eventuali, è stato modificato e approvato (in seguito a non pochi dibattiti e discussioni) da linguisti, antropologi (per una volta in accordo), psicologi, sociologi, studiosi di diritto e scienziati di tutto il reame il detto:
“Chi studia non piglia pesci”.
Quale miglior perdita di tempo lo studio?! Pensate ai danni collaterali, arrecati al proprio fisico e alla società: lo studio fa ingrassare, dilatando il piatto ventre di ragazzi e ragazze e deformando inoltre la zona superiore della spina dorsale, disegnando una poco gradevole gobba. E, soprattutto, lo studio non produce: non contribuisce alla crescita del PIL e non attrae PILU.
Sono stati invece legittimati sonno e pigrizia: meglio starsene seduti a braccia e piedi incrociati, contando pecore, vizi e spulciandosi le narici; perché è meglio pensar alla pulizia del proprio naso, e per chi dispone di lunghe falangi, a grattarsi il cervello, che puntar gli occhi dritti su un libro o su un quaderno.
Meno studi? Il popolo ti è grato, nominandoti come suo esponente nei palazzi del potere: chi può amministrare il popolino meglio di un membro dello stesso popolino? Meglio ignorante e stupido che intelligente e capace.
Studi? La peggiore delle perdite di tempo. Appena laureato nessuno si sogna d’assumere una persona dotta, costa e sa fare troppo (e potrebbe far sfigurare i colleghi ignorantelli e appena diplomati, figli del tizio capo).
Suvvia: non abbiamo bisogno di filosofi saggi e sapienti che amministrino la nostra società, gente con la testa per aria o tra i libri. Tutti questi laureati, che ne dobbiamo fare? Gente senza un mestiere, che invece di guardare al quotidiano, sta lì a pensare a giorni migliori.
Giovani, studenti con la testa sulle spalle, che puntate in alto, pensate a tutta la gente:
piuttosto che studiare andatevene a pescare.
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