THE PROG SIDE OF THE MOON
Suoni e leggende del rock europeo anni '70
Cesare Rizzi
(Giunti, 2010)
Dal prog e dall'underground riparte Rizzi con il suo nuovo The Prog Side Of The Moon: un'edizione riveduta e corretta del precedente Progressive, con alcune novità ma anche varie lacune. La prima grande novità del nuovo testo è il contenuto geografico: oggetto del racconto sono esclusivamente i gruppi inglesi e tedeschi, rimandando dunque gli italiani - prima presenti - in una pubblicazione a parte. All'interno di questa scelta di campo, Rizzi distingue alcune categorie: tra i "venerati maestri e apprendisti stregoni" c'è il grosso dell'opera, da ELP a Hawkwind, da Genesis a Strawbs passando per Third Ear Band, Traffic, Pink Floyd e Yes, dunque l'intero arco costituzionale dell'art-rock britannico. Commento a parte per la "(non) scuola di Canterbury", che racchiude i principali esponenti del fenomeno, con una saggia analisi del mondo Soft Machine e della "gnomofonia" dei Gong ma anche l'estensione a figure di confine come David Bedford e Mike Oldfield.
Con la sezione "Il rock sperimentale tedesco" - da Agitation Free a Xhol - pur non aggiungendo nulla agli scritti di Dag Erik Asbjorsen e Julian Cope, si percepisce un approccio chiaro: accanto agli inglesi, i tedeschi hanno rappresentato il meglio del rock europeo anni '70, con l'eccezione dei Magma, che come di consueto sono trattati come unicum. Altra grande e intrigante novità è una corposa sezione dedicata alle etichette progressive: Harvest, Vertigo, Deram, Dawn, fino alle minori Dandelion e Middle Earth, un nucleo di case discografiche che hanno alimentato la prolificità del movimento e che, per Rizzi, sono anche l'occasione per citare nomi come Fairport Convention, Free, Titus Groan e Deep Purple.
I difetti consistono principalmente in una certa genericità e prevedibilità dei giudizi: penso ai Can, che con una discografia così interessante anche fino agli ultimi dischi, vengono trattati come al solito fino a Soon Over Babaluma, e il discorso potrebbe valere anche per Jethro Tull, Renaissance o Gentle Giant. Più in generale, ma questo è un problema che accomuna la quasi totalità dei commentatori prog italiani e stranieri, manca una visione d'insieme globale, preferita ad una più schematica - e semplice, pour cause - compilazione di nomi dalla A alla Z. Come di consueto, manca la bibliografia: evidentemente l'autore non ha la percezione della scientificità del proprio lavoro, che nonostante i limiti resta più che consigliabile ai neofiti.