Buongiorno girlss… questa mattina vi faccio leggere.
Nessuna creazione gomitolosa, ma un articolo “nuvoloso” sulle origini del chiacchierino. Non so voi, ma personalmente mi sono sempre chiesta quando fosse nato, come si sviluppò etc… etc… Ora ho le risposte e le vorrei condividere con voi, riportandovi, pari pari, un articolo che ho trovato su una rivista: “Il lavoro a chiacchierino”acquistata a Verona, perché dalle mie parti non si trova. Come ha colmato e soddisfatto la mia curiosità, spero, nel mio piccolo, di fornirvi notizie curiose. Siete pronte? Allora incomincia la lettura…
“Una navetta e un filo sottile ben ritorto e scorrevole: questo è tutto quello che ti serve per lavorare a chiacchierino. Ma da dove arriva questa tecnica così elegante da avere conquistato fin dall’Ottocento le più importanti corti d’Europa? In realtà, non lo sappiamo. Perlomeno non lo sappiamo con certezza. Se pare, infatti, che già gli antichi egizi utilizzassero una sorta di navetta rudimentale, la storia documenta la nascita ufficiale del chiacchierino nel 1750, quando in Francia circolarono i primi schemi di decorazioni da realizzare con navette. Da allora questo tipo di pizzo divenne fashion, come diremmo oggi, ossia alla moda. In Francia lo chiamarono “frivolité” per la sua leggerezza. In Germania “schiffshenarbeit”, sinonimo di navetta. In Inghilterra lo battezzarono “tatting”, “parlare fittamente”, forse per via della densità dei nodi e picot che sono alla base delle figure ad anello e ad arco che costituiscono la specificità di questo merletto. In Italia si chiamerebbe “occhi”, ma la traduzione del termine inglese “tatting” in “chiacchierino” deve essere piaciuta di più.
Il periodo di massimo splendore del chiacchierino è stata l’epoca vittoriana: interi corredi e complementi d’arredo erano realizzati con questa tipologia di lavorazione. Successivamente se ne perse la memoria, ma non nei conventi, dove le monache continuarono invece a produrre splendidi lavori da esporre in chiesa.
Alcune decorazioni d’altare e coperture di calici furono confezionate persino in filo d’oro con pietre preziose. La riscoperta della duttilità e della bellezza del chiacchierino è avvenuta, nel nostro Paese, nella prima metà del secolo scorso. Forse proprio grazie agli insegnamenti tramandati dalle suore, i corredi delle spose hanno ricominciato improvvisamente ad arricchirsi, oltre che di ricami, anche di pizzo a chiacchierino.
E le navette? Oggi sono di plastica. Quelle in metallo furono introdotte agli inizi del XX secolo. Prima potevano essere indifferentemente in legno, osso, avorio, tartaruga… Non sappiamo di che materiale fossero fatte, ma si dice che per le sue nozze Maria Teresa d’Austria ne avesse avute in dono ben cinque!
Una parola, infine, sui colori del chiacchierino che sono, tradizionalmente, il bianco e l’écru. Tuttavia, col tempo, è invalsa l’abitudine di preparare corredini da bebè in azzurro e rosa. E poi lavorare il filo rosso per gli addobbi di Natale. Attualmente si può usare e osare qualsiasi colore. Qualcuno suggerisce di sperimentare addirittura colori diversi per filo ausiliario e quello della navetta. Il risultato? anelli e catene dissonanti, o in gradazione, a seconda dei tuoi gusti”. (Tratto da IL LAVORO A CHIACCHIERINO, nr. 17, pag. 39)
Adesso, invece, vi lascio la chicca: un brano tratto ENCICLOPEDIA DEI LAVORI FEMMINILI di Th. De Dillmont del 1909 di cui posseggo gelosamente e segretamente una copia (fate attenzione non solo alla lingua italiana, ma al dettaglio del suggerimento
“(…) Il chiacchierino si compone di nodi e di pippiolini i quali formano dei rotondi oppure dei semicerchi; la disposizione variata di queste figure produce i diversi generi di disegni.
Il vocabolo “frivolité”, essenzialmente francese, è adottato in quasi tutti i paesi dell’Europa, però noi chiamiamo la “frivolitè” chiacchierino, e gli Orientali hanno conservato l’antico nome di “makouk”, termine derivato dalle spolette che servono per eseguirlo.
I lavori a chiacchierino si classificano meglio nei lavori di passamaneria che non in in quelli in pizzo. Questo genere di passamaneria si impiega, quando è fatto tutto in un colore e con un filo di seta, per guarnire abiti e mantelli; e se è fatto invece a più colori, con filo grosso di cotone o di lino, serve a bordare sopraccoperte di mobili, cortine, portiere, cuscini ecc. Per abiti infantili, grembiali, colletti e polsini di ogni genere, si impiegano di preferenza dei colori chiari e un filo di grossezza media.
Impiegando il chiacchierino come merletto per guarnire la biancheria personale o da letto, si sceglierà sempre un filo bianco alquanto fino” (…) (Pag. 409).
Bene, ragazze mie, spero che questo viaggio storico sulle origini del chiacchierino vi sia piaciuto. Al prossimo post che, tranquille, sarà gomitoloso. Un abbraccio, Benben