Da dove mi vedi tu? Da quanto lontano mi leggi? Senza sapere chi sono e cosa faccio cosa pensi delle parole che trovi? Di quello che scrivo, che idea ti fai? Un tempo, tu non eri neppure nata, una frase ci avvertiva che stava per arrivare un’altra chiamata. Ci fermavamo sospesi aspettando di riconoscere le cifre di…Erano le mie o le tue? Non compariva un nome sul display. I numeri erano quasi condanne o premi che a uno dei due toccavano per destino. Arrivavano scanditi come in una roulette russa. Nei tanti anni che ci separano queste differenze elettriche scavano tra noi un guado che potremmo riempire solo coi silenzi o con storie mie che non sono tue. E viceversa. Tu digiti forse più veloce di me. Tu è possibile che fai passaggi più rapidi nel ragionamento. Passi da un discorso all’altro, da una dieta all’altra, da un convincimento all’altro in modo totalmente diverso dal mio. Forse baci in modo differente. Hai o non hai sensi di colpa se fai qualcosa in cui non credi ma che ti va di fare. Ti risolvi da sola cose che alcuni di noi forse risolvevano solo agitando nello scarico di responsabilità generazioni che precedevano o seguivano. Nei pomeriggi rari che passiamo insieme sento che arriva tutta questa luce tenue, il passo leggero di un’ombra che avanza, il soffio vicino di qualcuno che ti sta per parlare all’orecchio. E poi vai via e ritorni da dove sei venuta. Da dove, già? Per questo ora che tu non sei qui ma sei lì a chilometri di distanza e non so quando è previsto un nuovo incontro… Mi piacerebbe – dicevo – che sentissi nelle orecchie una alla volta le lettere del mio nome, le lettere del mio codice. Quelle che aprono il tuo desiderio e il ricordo un po’ appannato di giorni fa. Quanti? In questo modo comunico a te, telepaticamente, che ho voglia di sentirti. Tu ascolti, riconosci il mio pensiero, lettera per lettera, numero per numero, e metti giù quello che stai facendo. Sto arrivando da te. Anche se non subito. Appena avrai butatto giù sarò lì.
Roberto Carvelli: http://www.carvelli.it/dblog/default.asp
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