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Mentre stavo leggendo l'introduzione, Pier Luigi Bersani ha twittato a fagiolo qualcosa sull' #uguaglianzaBersani non ha capito, o ha dimenticato, che non si tratta di chiamare i ricchi a dare di più: lo danno, dato che, a meno che non siano criminali, pagano più tasse e, secondo il loro punto di vista, si pregiano di passare come i maggiori contributori dell'erario statale. Inoltre, questo chiamare, questo chiedere, che ha tutta l'aria di una questua, li gratifica a fare i benefattori, i mecenati, a staccare un assegno per aiutare questa o quella associazione, questo o quel caso umano disperato debitamente attenzionato dai mass-media.Il punto è un altro, caro Bersani, questo: i ricchi, ovvero coloro che appartengono alla classe sociale capitalista, possono anche essere generosi come quel caro monopolista di Bill Gates che ha devoluto, udite! udite!, la metà del suo patrimonio in beneficenza; ma non per questo smettono di essere ricchi. Perché?
«Because ‘my’ concern with the poverty of some people actually projects me in a very nice, warm glow: I am ready to use my money to help them. Charity is a good thing; a lot of egos are boosted by it and many ethical points earned even when only tiny amounts are given to the poor. But inequality is different: Every mention of it raises in fact the issue of the appropriateness or legitimacy of my income».E un politico che non si ponga il problema della legittimità è un politico con un cappello in mano che chiede l'elemosina dopo aver suonato l'organetto del riformismo, musica dolce per coloro che hanno tutto l'interesse a non perdere i privilegi di classe dominante.