Oggi volevo scrivere un articolo serio, profondo. Uno di quei post per i quali ti documenti accuratamente e su cui rimugini a lungo, perché le cose da dire son tante e si tratta di un argomento da prendere con le pinze. E invece parlo di Chiara Ferragni. Tutto è iniziato stamattina, quando nel corso del mio solito raid su La Faccia Avvilita della Faccia Avvilita sono incappata in questa foto:
Come sempre, grazie a La Faccia Avvilita della Faccia Avvilita.
Sì, avete visto bene. Sepolta sotto chili e chili di Photoshop e con i capelli neri (???) c’è Chiara Ferragni, che voi sapete essere uno dei miei personaggi preferiti (merito della sua immensa professionalità, umiltà, capacità nel valorizzare i capi e serietà), perciò non ho potuto resistere all’impulso di investire 0,89€ per leggermelo su iPad e regalarvi la mia recensione il prima possibile.
L’articolo inizia elogiando le capacità di Chiara, il suo essere così amichevole con le fan che le scrivono sui social (strano, non risponde mai ai commenti, quindi non capisco da cosa possa essere derivata questa deduzione) ed il fatto che la sua celebrità sia arrivata a livelli talmente elevati da aver toccato quota 2 milioni di follower su Instagram.
E’ vero, i fan (genuini o meno) sono tanti, peccato che quasi tutto l’engagement generato dai post dell’insalata sia negativo: probabilmente se ogni mia azione fosse accompagnata quasi soltanto da commenti in mio sfavore non mi riterrei un’influencer del mio settore. Già, influencer, è così che lei si definisce, oltre che shoe designer (con buona pace di chi ha studiato per anni ma non ha modo di produrre una propria collezione. Stranamente non ha citato la linea di gioielli, si vede che sono andati sold out) ed imprenditrice, che forse è l’unica cosa su cui Chiara Ferragni mi può trovar d’accordo: perché, per quanto io possa ritenerla incapace di adempiere a quelli che dovrebbero essere i suoi “doveri” di fashion blogger, sicuramente è riuscita ad importare in Italia un format che prima non esisteva e a renderlo vincente, probabilmente perché all’epoca era molto più genuina con gli abiti comprati da lei e non smarchettati.
Ma torniamo all’articolo, ho selezionato quelli che sono, secondo me, i punti salienti:
Analizziamo un po’ quanto è stato scritto: la nostra cara Blonde Salad non perde occasione per ribadire che sì, lei è alta, mentre Kate Moss è una nana, e che soprattutto è molto, molto invidiata. Ma facciamo una piccola digressione: no Chiara, non ti invidiamo, né io né tante altre persone di cui leggo commenti e critiche costruttive. E’ casomai il fastidio di vedere premiata gente che si comporta in maniera approssimativa che fa scrivere a chi ti legge commenti negativi. I viaggi magari sì, te li invidio, ma come dichiari tu stessa alla fine dell’intervista ti senti spesso dire di fermarti e goderti le cose. Probabilmente intendono dirti che devi smettere di fare foto a cupcake e frappuccini e guardare davvero i luoghi meravigliosi che visiti.
Ma qualcosa mi fa pensare che chi scrive sia, sotto sotto, un po’ avvilita: “Non le fa impressione essere in grado, attraverso la sua immagine, di spostare il fatturato di alcuni marchi?” attenzione, la giornalista qui non dice mica se questo cambiamento è in meglio o in peggio, e YSL e Redken secondo me ne sanno qualcosa, giusto per citare un paio di case history recenti. E ancora, la stoccata finale: “Ha una bellissima pelle. Non ha paura di invecchiare?”. E con questo, passo e chiudo: al prossimo – serio – post.