Chiara Varotari (Padova 1584 – Venezia 1664 )nasce in una famiglia di artisti. Suo padre Dario è pittore e architetto come il minore dei fratelli, Alessandro detto il Padovanino. La sua formazione è ottima ma tutta in casa e nel percorso che porta il fratello a essere riconosciuto per il suo talento, Chiara ricopre il ruolo di primo collaboratore. L’attività della Varotari copre tutta la prima metà del 600. Sono gli anni in cui germoglia il Barocco. Il suo stile è preciso, pignolo, attento ai dettagli, mette grande attenzione alle strutture degli abiti e ai gioielli. La sua è un’arte da cerimonia. Nei volti che ritrae non c’è alcun sussulto. Anime assenti. In compenso, proprio questa assenza, mostra l’orizzonte spicciolo e terreno dell’emergente classe agiata del 600. La Scienza contraddice teorie consolidate, il dogmatismo cattolico e la narrazione della vita. Le innovazioni tecniche migliorano le condizioni di vita, i commerci portano conoscenze e possibilità. Cresce inarrestabile una borghesia ricca ansiosa di celebrarsi. Chiara Varotari nei ritratti sa il fatto suo e nella pittura, il ritratto è uno dei generi che meglio rappresentano il barocco. Il Barocco è anche altro, meraviglia e raffinata elaborazione intellettuale. Le opere della Varotari però rendono bene il passaggio dal rinascimento alla modernità. Nella sua tecnica puntuale, estranea ai sentimenti, si possono leggere in controluce il il declino del sacro e il vagito della modernità.
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