Ora ti faccio provare cosa si sente suonando il violoncello: vieni qua, siediti sul divano.
(I pantaloni non servono, posso toglierteli?)
(Ti do la schiena. Allargo le gambe mi ti siedo sopra: baciami le spalle.)
Eccolo. (È più duro lui o te?)
Alzo la spalla sinistra, piego le dita. Ti scopo. E ti prendo la mano, e la metto sulla mia. La sinistra è facile, si parte fermi. Ti scopo. Prendo l’archetto. Lo metto in mezzo a qua di queste corde di semicrome fatte più lente che tu non sai nuotare. Ti scopo, non la smetto di muovermi. Non la smetto no. C’ho te dentro, il culo che mi tocchi con la schiena, il violoncello sul clitoride gonfio. Ti scopo.
(Devi essere bravo ora, occhei? Metti la destra sopra la mia destra, pure se sei mancino e attento all’inclinazione. L’inclinazione è importante. Per esempio adesso [spostata col cazzo verso destra] lo senti com’è? E ora [accelerando col cazzo puntato dentro che mi sembra arrivare in bocca] lo senti com’è? Ecco. Usiamo l’archetto come un cazzo, ma solo se mi prometti che resta un segreto tra me e te.)
Vado piano. Ti scopo. Vado piano e alla prima vibrazione della mano di sinistra non ce la fai e mi vibri il seno. Vorrei mettere i capezzoli tra le corde. Continuo a suonare. Ti scopo. Tieni solo la mano destra sopra la mia, l’altra scende sulla pancia. Togli anche la destra. Mi prendi per i fianchi. Decidi tu quanto. E come. Mi fai salire, lo fai quasi uscire e mi ributti giù di colpo e io sento palle piene di me, ma mi vergogno e non te lo dico. Ma ti scopo. Prendi il violoncello dall’alto, me lo strofini tra le gambe. Lo giri. A carcassa in su. Rimangono impigliati i peli tra le corde.
(Così me lo rovini.)
Sento dentro una gigantografia di passione, e che è successo nel frattempo non lo so, e manco un pensiero antiberlusconiano in quest’ora, e manco un libro, e manco un capello bianco: tutto sospeso in un tempo di un Mozart suonato male e lento, quasi un terzo tempo di rugby.
(Cazzo, fai più piano.)
Prendo coraggio e te lo dico che quello che sento affondarmi tra la fica e il culo, tutta quella roba là, è roba per me e è roba mia:
(Tutta roba mia, questa [in circolo] tutta roba mia).
Te lo sei preso in mano. Mi sei salito a cavalcioni sulla pancia. Me l’hai puntato contro come una pistola. Me l’hai sbattuto sulla guancia di destra come se fosse una fionda. E poi hai reso quel che era mio.
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