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Chiavi inglesi e rifugiati somali.

Da Borful
Chiavi inglesi e rifugiati somali. Venerdì 18 gennaio 2013, ore 21 circa, nella sede di corso Sicilia del Circolo Ricreativo Dipendenti Comunali sez. Fotografica, il socio Raffaele Bellacicco ha esposto alcune stampe fotografiche di suoi scatti realizzati in una palazzina di corso Chieri, abusivamente occupata un paio d'anni fa da alcuni rifugiati somali. Al numeroso pubblico intervenuto era stato chiesto di portare cibarie. Anche la mia metà del cielo ed io abbiamo di buon grado portato qualcosa.
Chiavi inglesi e rifugiati somali. Nulla ci aveva però preparato alla serata che avremmo vissuto. Le fotografie erano di notevole impatto, cromatismi accesi, tagli compositivi curati, rispetto per i soggetti senza tuttavia nascondere il grave stato di degrado in cui vivono i rifugiati nella palazzina. Fin qui siamo nel filone del "sociale" inaugurato alla fine dell'Ottocento da Jacob Riis con le sue indimenticabili fotografie di immigrati a New York, anche italiani, che consiglio per inciso di andare a riguardare.
Chiavi inglesi e rifugiati somali.
Al richiamo del Presidente del circolo Maurizio Mangili, i presenti, tra cui segnalo il Presidente FIAF Claudio Pastrone, prendono posto a sedere e l'autore inizia a parlare del suo lavoro. Tutto nasce dice da un trafiletto letto di sfuggita, scatta una curiosità e quindi una prima visita a quel luogo. La semplicità disarmante del racconto di Raffaele gli fa onore. Sento aleggiare l'intensità di De Amicis e la fantasia esotica di Salgari. Torino forse è davvero una città magica perché senza lasciare le sponde del Po possiamo scoprire mondi e persino decidere di andare a fotografarli.
Chiavi inglesi e rifugiati somali. Il vero colpo di scena nel racconto di Raffaele giunge però quando dice di aver lasciato la fotocamera per la chiave inglese. Sì, perché un mestiere lui ce l'ha: fa l'idraulico. E così un privato cittadino, ma soprattutto un essere umano dotato non solo di intelligenza, ma anche di empatia verso il prossimo, si mette a dare una qualche sistemata per consentire alle persone che stava fotografando di potersi fare una doccia, lavare dei piatti.
Chiavi inglesi e rifugiati somali.
Mi sembra di rituffarmi in un'altra Italia, quella antica e contadina del mio povero padre, dove tutto si poteva risolvere con un gesto, due lavoretti, fatti da chi può per chi non può. Senza leggi, ordinanze, bolli e controbolli, discorsi sui massimi sistemi e "benaltrismi" vari, così di moda oggi.
Chiavi inglesi e rifugiati somali. Resta il problema del mangiare. Sì perché un "rifugiato somalo" pare sia come tutti gli altri: mangia, dorme, va al gabinetto, ha freddo, ecc. ecc.  Peccato che tutto l'ambaradan dell'amministrazione pubblica e associazioni collaterali varie di cui siamo splendidamente dotati in Italia non si comporti di conseguenza. Certo, siamo umani, quindi soggetti a scadenza naturale, ma questo non capita per fortuna ogni sei mesi, nemmeno se sei somalo e "godi" dello status di rifugiato. Invece per queste persone sfortunate tutto scade qui da noi, compresa la fornitura di cibo. Paese ben surreale il nostro.
Chiavi inglesi e rifugiati somali. In conclusione, la serata non è stata inutile. Un po' tutti ci siamo trovati a disagio penso. Personalmente l'imbarazzo più grande l'ho provato nel constatare ancora una volta che esiste un Paese fatto di gesti concreti, diretti, come sempre è stato, e che questa comunità in qualche modo tira avanti nonostante tutto e si fa pure carico come può di chi incontra sul suo cammino. A fronte di questo benemerito Dr. Jekyll c'è però un Mr. Hyde che sovverte e complica tutto. Ogni passo oltre la stretta di mano, il sorriso, l'offerta di un aiuto immediato, si impantana nelle considerazioni politiche, economiche, sociologiche, ecc. Siamo sempre noi tuttavia. Evidentemente, quando passiamo dal rapporto diretto e personale alle etichette e ai numeri, l'umanità si perde per strada.
Spero che i tre ragazzi somali che abbiamo incontrato se la cavino. Spero che se la cavino anche gli altri. Se tutti facciamo qualcosa, un po' meglio andrà, forse.
Chiavi inglesi e rifugiati somali.
P.S.
Tanto per avere qualche dato in più sulla questione ho fatto una breve ricerchetta con Google.
Ecco alcuni link che potrebbero interessare:
http://cri.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/579http://cri.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/579
http://tuttosquat.net/news/comunicato-di-solidarieta-sulla-occupazione-di-corso-chieri-19/
http://viedifuga.org/?p=5839
http://www.comune.torino.it/torinovende/schede/chieri/
http://www.lastampa.it/2010/08/17/cronaca/corso-chieri-scatta-l-oradelle-denunce-HZfyQEerJs4uCPAHiqLFUN/pagina.html
http://www.ecoditorino.org/rifugiati-in-corso-chieri-chiamparino-richiede-lo-sgombero-della-palazzina.htm
http://www.soomaaliya.it/
http://it.wikipedia.org/wiki/Diritto_di_asilo
http://www.unhcr.it/


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