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Chiesa e Stato alle soglie dell'Età Moderna

Creato il 01 settembre 2010 da Bruno Corino @CorinoBruno

Chiesa e Stato alle soglie dell'Età Moderna
Nel sistema feudale, tutti gli apparati ideologici di dominio (monasteri, scuole, università) erano sotto il controllo della Chiesa, perché essa esercitava la funzione di dominio all’interno delle società. Per tutta l’epoca medievale la Chiesa ha svolto la funzione di garantire la coesione sociale. Nella fase di transizione all’Era moderna, questo controllo passerà gradualmente nelle mani dello Stato o della società politica. Le classi sociali in ascesa, prima di poter imporre la forza del mercato all’interno del tessuto sociale, si schiereranno dalla parte dei sovrani assolutisti che affermeranno sui poteri particolaristici la loro autorità. In questa fase di transizione, la società non è ancora regolata e retta dall’economia di mercato in grado garantire la coesione sociale. La sua progressiva costituzione segnerà, nei vari stati europei tra la fine del Medioevo e l’inizio dell’età contemporanea, la fine della funzione simbolica di dominio accompagnata dalla laicizzazione della cultura e delle istituzioni. La Chiesa, prima di subire una trasformazione radicale al suo interno, resterà per molti secoli legata ad una concezione feudale dei rapporti sociali. Mentre le trasformazioni avvenute all’interno della struttura economica faranno emergere una concezione nuova della vita, la Chiesa rimarrà sostanzialmente arroccata alla concezione feudale di dominio. È in questa fase di passaggio, violenta e cruenta, che occorre interpretare la cosiddetta “caccia alle streghe” e le persecuzioni nei confronti di alcuni intellettuali: «Nell’ultimo periodo medievale la coscienza che, in modo più o meno chiaro, la Chiesa ha della contestazione della propria funzione ideologica, la spinge ad irrigidimenti che si manifesteranno attraverso la caccia alle streghe e più in generale attraverso la diffusione del cristianesimo della paura» (Le Goff).
Ma prima che questa completa dissoluzione si compisse, nel periodo intercorso tra la fine dei rapporti feudali di produzione e l’affermarsi della funzione economica di dominio, nel periodo cioè che vide l’incrinarsi progressivo della funzione ideologica esercitata dalla Chiesa, a riemergere con forza sarà la forma politica di dominio, che per lunghi secoli svolgerà una funzione di “supplenza”. Se teniamo presente che la coesione sociale era assicurata dalla funzione di dominio della Chiesa, allora possiamo verificare come questa funzione già durante il Basso medioevo fosse entrata in crisi: di fronte alle spinte nuove che si agitavano nel corpo sociale, essa non si mostrava più in grado di garantire il suo compito, che era quella appunto di riprodurre le condizioni del sistema feudale. Dal seno di questo sistema cominciava ad emergere una nuova classe sociale, la quale si faceva portatrice di nuovi rapporti di produzione. Questa classe sociale per affermarsi e continuare la propria esistenza aveva bisogno del lavoratore “libero”, cioè svincolato dai rapporti feudali di produzione. E, infatti, possiamo dire che le due parole d’ordine con le quali l’uomo “moderno” si farà strada nella società del tempo sono libertà e autonomia.
La nuova concezione del mondo che si affermerà tra la fine del mondo feudale e la completa affermazione di quello moderno avrà alla sua base quelle due parole d’ordine. Ma occorre precisare meglio il loro significato. La libertà, nel senso inteso dagli uomini che se ne fecero portatori, significava sempre “libertà da” e non “libertà di”: occorreva cioè liberarsi dalla soggezione dominante della Chiesa. Lo scontro doveva quindi avvenire sullo stesso terreno ideologico. Se pensiamo che nel sistema feudale l’ideologia esercitava la funzione di dominio, e che sia il livello politico che quello economico erano subordinati a quella istanza, allora capiremo perché lo scontro doveva avvenire inevitabilmente su quel terreno. Sebbene i rapporti e le forze di produzione in questa epoca subivano delle trasformazioni radicali, tuttavia la nuova concezione del mondo che stava emergendo non si affermerà in nome di quelle trasformazioni. Le classi sociali borghesi emergenti nell’“autunno medioevale” non combatteranno la loro battaglia ideologica su ragioni di ordine economiche, bensì combatteranno sempre sul terreno ideologico, cioè su quello religioso. La libertà e la dignità dell’uomo, che tanto successo riscuoteranno nel Rinascimento, saranno valori affermati sulla base di una nuova concezione religiosa della vita. La dignità della natura e dell’universo si tingerà di valori religiosi o magici.
In questo tramonto medioevale, l’idea che il processo riproduttivo del sistema feudale fosse incompatibile con i nuovi rapporti di produzione non era ancora entrata nella coscienza borghese dell’epoca, come, d’altra canto, non si era neanche compresa la funzione teleonomica che la Chiesa con la sua concezione del mondo garantiva. Infatti, molti uomini del tempo, anche se erano in chiaro contrasto con il sistema sociale dominante, tenteranno ugualmente di legittimare i nuovi rapporti di produzione iscrivendoli nel tradizionale ordine gerarchico del mondo. Soltanto quando i nuovi ceti sociali e intellettuali si renderanno conto, sempre però sul terreno ideologico, che i nuovi contenuti non erano inscrivibili nei vecchi schemi mentali, legati indissolubilmente ai rapporti feudali, cominceranno ad elaborarne dei nuovi. In questa seconda fase, i cui inizi coincideranno con i secoli XVI e XVII, i nuovi ceti emergenti si faranno banditori di una critica serrata dei vecchi schemi mentali, e cominceranno ad elaborarne dei nuovi più aderenti ai loro contenuti sociali. Nonostante che la nuova immagine del mondo stesse cambiando, tuttavia rimaneva in piedi l’idea che l’ideologia potesse continuare a sostenere la sua funzione di dominio e che, quindi, il ruolo centrale della Chiesa non fosse affatto messo in discussione. Di questa illusione si nutrirono alcuni filosofi del Rinascimento, come Bruno e Campanella, e per alcuni versi persino un Galileo Galilei, i quali credettero che la Chiesa potesse accogliere i nuovi schemi mentali e continuare ad esercitare lo stesso la sua funzione simbolica di dominio. I nostri intellettuali, purtroppo, non si resero conto del fatto che la Chiesa poteva continuare ad esercitare la sua funzione di dominio soltanto qualora continuassero a sussistere i rapporti feudali, e che il sistema feudale poteva continuare a riprodursi sin quando trovava la sua legittimità nella concezione ideologica sostenuta e difesa dalla Chiesa. In altri termini, le sorti di quella funzione erano indissolubilmente legate al sistema feudale, così come le sorti di questo sistema all’esercizio di quella funzione. Pertanto, combattere contro l’uno implicava andare contro l’altra, e viceversa.
Ma nelle condizioni dei nuovi rapporti di produzione, basate appunto sulla “libertà” del lavoratore di prestare la sua opera in cambio del salario, la forza suggestiva, quella che un tempo motivava il servo della gleba a cedere una parte delle eccedenze al signore feudale, non era più necessaria. Ora, ciò che motiva il lavoratore a prestare la sua opera è la sua condizione di bisogno, la sua indigenza, cioè non è più una ragione d’ordine ideologico che spinge l’operaio a prestare la sua forza-lavoro, ma è la forza del bisogno. Nel momento in cui questi nuovi rapporti tenderanno ad affermarsi in alcuni paesi europei, sarà sempre più evidente agli occhi dei ceti imprenditoriali che la Chiesa – per come si è edificata nel corso del Medioevo – era legata indissolubilmente ai rapporti feudali. E siccome lo sviluppo di quei ceti era inversamente proporzionale alla scomparsa di quei rapporti, era inevitabile intraprendere una lotta accanita proprio nei confronti di quell’istituzione che nei secoli li aveva legittimati e resi accettabili alla coscienza comune.
Per quanto sia vero che la lotta contro la Chiesa sarà estremamente accanita, occorre tuttavia considerare la prudenza con la quale questi ceti agiranno nei suoi confronti. La battaglia politica e culturale condotta contro la Chiesa sarà una battaglia di lunga durata, e per quanto essa sia stata radicale, è pur vero che è stata portata avanti con estremo tatticismo. Tale prudenza era dettata dal timore che una lotta ad oltranza avrebbe finito con il provocare, come infatti accadde in taluni casi, un vuoto di potere, o una completa delegittimazione di ogni forma di autorità, il cui esito avrebbe finito inevitabilmente con lo scatenare rivolte o disordini sociali. È singolare, ad esempio, sottolineare l’atteggiamento che Voltaire esprime in pieno Illuminismo. Per governare il popolo, il grande filosofo francese non esclude d’impiegare gli stessi mezzi da sempre usati dai despoti: il timore religioso e l’ignoranza. Voltaire, rassicurando un lettore preoccupato per la diffusione delle nuove idee tra il popolo, sostiene che non è il caso di allarmarsi perché chi svolge un lavoro di fatica è impegnato sei giorni su sette e il settimo va all’osteria e quindi non ha modo di istruirsi. In questo frangente storico ad avanzare fu il dominio politico: nella fase di transizione, quando ancora non si era costituito, e né poteva costituirsi, la funzione economica di dominio, era giocoforza ripristinare l’autorità politica, cioè l’autorità statale: «Anche nel medioevo erano esistite forme di organizzazione politico-statale, ma si trattava di qualcosa che aveva tanto poco a che fare con ciò che si è sviluppato nel Cinque e Seicento, qualcosa di talmente lontano dall’idea moderna di “stato” e di “statualità”, che proprio qui, secondo molti storici, oltre che, naturalmente, nella storia della chiesa, si coglie il confine tra medioevo ed età moderna» (Hinrichs). Thomas Hobbes, al fine di rimarcare con forza il vuoto di potere nella società inglese dell’epoca, teorizza il bisogno di ripristinare un’autorità sovrana assoluta e sovrana. Inoltre, il filosofo inglese, ribadendo le esigenze dell’Assolutismo, non ammette nessuna ingerenza della Chiesa a danno dello Stato.
Il grande successo riscosso dal pensiero politico di Machiavelli, nonché la grande avversione di cui fu fatto oggetto, si comprendono se poniamo mente ch’esso venne in luce nel momento cui la funzione simbolica di dominio della Chiesa attraversava una fase di declino inarrestabile, accompagnata dall’autonomia del potere statuale di alcune nazioni europee, che cominciava ad affermarsi come realtà non più legittimate dal potere simbolico-religioso. Anche qui la critica ha sempre messo in evidenza la novità teorica di quel pensiero, individuandola nella autonomia, ma non ha affatto compreso le sue radici storiche. Infatti, gli storici del pensiero politico hanno sempre riconosciuto che nell’intervallo intercorso tra la fine dell’età classica e l’epoca di Machiavelli, cioè l’Età Moderna, non ci sia stata nessuna teoria politica indipendente dalla sfera religiosa, ma l’assenza di un pensiero autonomo pare che non abbia suscitato nessun problema: invece, appare evidente che nell’epoca presa in considerazione tale assenza si giustifichi con il fatto che la funzione di dominio non era stata più esercitata dal potere politico, ma era stata garantita dalla presenza ideologica della Chiesa. Quando pensatori come Marsilio da Padova o Guglielmo di Ockham, sul finire del Medioevo, vollero restituire alla dignità imperiale le sue antiche prerogative, dovettero per necessità scontrarsi con la funzione simbolica di dominio, esercitata da secoli dalla Chiesa. Lo stesso pensiero di Machiavelli allora, alla luce delle nostre considerazioni, è da interpretato come una tappa di questo lungo processo, segnato da un’inarrestabile e complessa trasformazione economica della società feudale, durante la quale la Chiesa vedrà progressivamente diminuire la sua funzione di dominio. Per un lungo periodo di tempo, la Chiesa con la sua supremazia e il suo prestigio sulle anime dei fedeli aveva assicurato la riproduzione del sistema di produzione e di distribuzione dei beni. In fondo, il segretario fiorentino, nella sua opera, aveva svelato la funzione simbolica di dominio esercitata dalla Chiesa, sostenendo che la religione non era altro che un instrumentum regni, e allo stesso tempo si era reso conto che nelle nuove condizioni essa non avrebbe avuto più alcuna presa sulle anime dei credenti.


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